Quei geniacci dei fratelli Coen sono tornati! Non è un paese per vecchi vola spedito verso l’Oscar con il passo cadenzato, tranquillo e beffardo del killer psicopatico protagonista, silenzioso e sicuro di sé come sa essere solo l’opera dei grandi, che plasmano l’arte come creta. Un grande film, insomma, che tuttavia lascia una strana sensazione, quasi di incompletezza (termine quasi azzardato). Complice la scelta del finale aperto, ma non solo.
Sarà che di fronte ai grandi autori ci sono sempre attese stratosferiche; sarà che quando si osanna troppo un’opera si rischia sempre qualche piccola sorpresa; sarà che Non è un paese per vecchi non è permeato costantemente di quell’umorismo dark e spiazzante che fa da splendido fil rouge della poetica dei Coen (seppure il surrealismo sia l’elemento centrale dell’opera). Ma in fondo stiamo cercando il pelo nell’uovo del quasi capolavoro. I Coen possono però esserne fieri: d’altronde è il destino dei grandi.
Il loro mondo, la loro America (che è poi quella mutuata dal romano di Cormac McCarthy) è un mondo che ha perso il contatto con i veri valori, un mondo dove si uccide senza pensarci su due volte, un mondo silenzioso e spietato, un mondo che non è più “un paese per vecchi”. È in questo mondo, che ha le sembianze deserte e silenziose del Texas anni Ottanta, che un uomo (Josh Brolin) si imbatte, durante una battuta di caccia, in una borsa contenente 2 milioni di dollari, abbandonata in mezzo al deserto da una banda di spacciatori uccisisi a vicenda. Sottratto il malloppo, l’uomo metterà al sicuro la moglie e scapperà: ad inseguirlo, un killer psicopatico (Javier Bardem) che ha tutta l’intenzione di riprendersi i soldi. Sulle tracce dei due si metterà uno sceriffo (Tommy Lee Jones), il classico personaggio che arriva sempre troppo tardi e insegue la storia, più che scriverla.
Se Lee Jones e Brolin sono chiamati a interpretare ruoli a loro congeniali, quasi “di routine”, con il primo che in più porta su di sé il peso del personaggio che “fa la morale”, Bardem è chiamato alla prova da artista vero: la sua è una recitazione letteralmente monumentale, per la capacità e per l’originalità con cui dà vita ad un protagonista che poteva essere partorito (cinematograficamente) solo dalla mente perversa e surreale dei Coen, uno che uccide con un cannone a mano e apre le porte con una bombola a pressione. Inarrivabile il suo sguardo, indicativa la sua camminata, glaciale quando apre la bocca. Da Oscar, senza se e senza ma.
Silenzioso come il deserto, violento, surreale, freddo e allo stesso tempo pervaso di sprazzi di ironia spiazzante e scambi di battute da antologia, Non è un paese per vecchi va gustato assolutamente in lingua originale, per capirne (anzi udirne) le sfumature vocali appena percettibili, l’uso della lingua, il tono dei dialoghi appena sopra la soglia del brusio, la voce di Bardem. Perché in questo paese senza più valori, la parola non conta più, niente dà più sicurezza, tutto può essere stravolto, il buon senso è acqua passata. Grande cinema, grandi Coen. Non sarà Fargo, ma non perdetelo lo stesso.
[…] sottile e ricercato approccio allo humour nero, i loro più recenti lavori (si veda il Premio Oscar Non è un paese per vecchi) hanno fatto fare il salto di qualità anche al resto della sceneggiatura, al rapporto fra trama e […]
[…] Non è un paese per vecchi […]
Completamente d’accordo con te, onorio.
Bel film, assolutamente non scontato, il finale lascia un po “l’amaro in bocca”, va interpretato.. lo psicopatico Javier è fantastico!
Semplicemente un capolavoro!