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Il vincitore morale della Festa del cinema di Roma 2007…”sfortunatamente”…era Fuori Concorso!!! ;-D

Un cast adamantino: il geniale ed ormai inarrestabile Philip Seymour Hoffman nel ruolo di Andy (inizialmente, gli era stato proposto quello del fratello minore Hank, poi assegnato ad Ethan Hawke, quando Hoffman ha deciso di interpretare the elder brother), e la sua ideale somiglianza con Albert Finney da giovane. Questo monumento vivente al cinema, interpreta qui magistralmente il difficile ruolo del padre Charles e lo “suona” con l’usuale maestria che gli ha fatto ricevere ben cinque candidature all’Oscar: la più recente per il burbero avvocato dal cuore d’oro Edward Masry in Erin Brokovich.

L’intera vicenda ruota intorno a questi tre uomini, un padre e due figli, come nella tradizione del miglior Lumet d’annata, in cui i temi del conflitto uomo-società e uomo-famiglia sono basilari e fondanti. Nonostante i vincoli di sangue, le diversità emergono evidenti, sino allo shakespeariano epilogo finale. Una scena d’apertura tra le più torride e belle degli ultimi anni con una Marisa Tomei (disinibita in modo estremamente professionale e bella come il sole) per cui vale il motto coniato per il vino, che sembra migliorare di anno in anno, in barba alle leggi di natura. Il titolo di questo gioiello di tensione e sangue (che in italiano diventa Onora il padre e la madre) è ricavato dalla contrazione di un vecchio adagio irlandese che recita così: “Siamo tutti peccatori. Meglio, quindi, giungere in Paradiso mezz’ora prima che il diavolo si accorga che siamo morti”. La sua forza deriva proprio dalla plausibilità: tutto potrebbe realmente accadere ed è, infatti, già accaduto, in un qualsiasi sobborgo statunitense.

Tra le scene magistrali: il tradimento senza batter ciglio (la pioggia zen dei sassolini ornamentali, come a sottolineare che “è finita”), la tirata (sotto eroina) sull’estetica armonica del mercato immobiliare opposta al caos dell’umana esistenza, in cui si procede a vista, senza punti di riferimento, senza certezza alcuna, il padre al funerale con la sua nemesi in tasca.

Tra aforismi alla Il Grande Lebowski (“Andy…ma quello è il negozio di mamma e papà! Ecco perchè l’ho chiamata Operazione Mam-Pap”) e perfetti cambi di registro, ci si prepara alla tirata più bella: quella tra il figlio maggiore (Philip Seymour Hoffman) ed il padre (Albert Finney) che si confidano reciprocamente quell’amore che non sono mai riusciti a dimostrarsi…proprio ad un passo dalla catastrofe che li porrà definitivamente l’uno contro l’altro nel favoloso epilogo finale.

La struttura di montaggio ricorda Magnolia (interpretato, tra gli altri, proprio da Seymour Hoffman) ma ne spinge le tesi verso il parossismo. Prova evidente, come se ce ne fosse stato bisogno, della maturità espressiva raggiunta da Sidney Lumet e parafrasi filmica dell’aforisma: “Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi”.

Una fortuna per molti, che questo gigante non fosse in gara.

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