Zachary Quinto interpreta Spock in Star Trek Into DarknessQuando l’Enterprise è chiamata a tornare verso casa, l’equipaggio scopre una terrificante e inarrestabile forza all’interno della propria organizzazione che ha fatto esplodere la flotta e tutto ciò che essa rappresenta, lasciando il nostro mondo in uno stato di crisi. Spinto da un conflitto personale, il Capitano Kirk condurrà una caccia all’uomo in un mondo in guerra per catturare una vera e propria arma umana di distruzione di massa.

Mentre i nostri eroi vengono spinti in un’epica partita a scacchi tra la vita e la morte, l’amore verrà messo alla prova, le amicizie saranno lacerate, e i sacrifici compiuti per l’unica famiglia che Kirk abbia mai avuto: il suo equipaggio.

A lungo atteso sequel del reboot del 2009 Star Trek Into Darkness catapulta l’equipaggio dell’Enterprise in un intrigo su vasta scala che nasce nel cuore stesso della Federazione e che rischia di scatenare un terrificante conflitto col bellicoso Impero Klingon. Ancora una volta il talentuoso astro nascente J.J. Abrams, padre di “Lost” e futuro artefice della nuova trilogia di “Star Wars” sfoggia i suoi vezzi, le sue virtù ed i suoi limiti su scala epica. Superato l’impatto non da poco delll’IMAX 3d andiamo ad immergerci in un’avventura che ha il sapore del nuovo con il retrogusto del classico, tirato a lucido.

ST ID può essere visto con gli occhi i un Trekkie o almeno conoscitore e attraverso quelli di un usufruitore casuale: Abrams, con esiti altalenanti pur mirando al secondo non dimentica le necessità del primo rivisitando, rielaborando ed estremizzando forse snaturandoli i rapporti tra Kirk e Spock e Spock e Uhura. Da considerare ovviamente l’elemento tecnologico che, liberatosi in gran parte dall’estetica futuristica degli anni ’60, qui sembra estremizzato sino all’eccesso: le navi sono rapissime sino a che ve ne è necessità, il teletrasporto può raggiungere pianeti distanti anni luce (ma è stranamente inefficente sulle distanze più ridotte) e la gittata delle comunicazioni in tempo reale non ha limiti.

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Ci si rende conto che il film è veloce, cinetico, perennemente in movimento. Non vi è tempo per la riflessione e tutte le scene che non vengono riempite con esplosioni, combattimenti tra astronavi, inseguimenti a piedi e ogni variazione sul tema concessa sono siparietti comici o brevi “occhi di bue” sui personaggi secondari che stavolta, piuttosto ingiustamente, ottengono una attenzione minore.
Se buona metà del film scorre in modo piacevole in attesa di una svolta vigorosa ci si rende conto che il crescendo emotivo rallenta sino ad arrestarsi mentre l’azione continua ancora pù concitata e dirompente. Gradualmente i difetti non possono essere più ignorati ed i buchi nella trama diventano dolorosamente palesi, in particolar modo nelle scene finali laddove i gadget tecnologici vengono usati per necessità di trama in modo ben diverso da come erano stati presentati.

Indubbiamente Into Darkness è un buon action movie di fantascienza ma difficilmente si potrebbe considerare de facto erede della filosofia della serie classica o della visione di Roddenberry quanto un figlio della cinematogafia moderna, fracassona e persino godibile ma priva di un messaggio più profondo.

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