Lussuria

Infinito, ripetitivo, noioso. Tanto è lunga ed estenuante la visione dell’ultimo film di Ang Lee, tanto può essere breve e concisa la sua descrizione. Il regista orientale che meglio sa vendersi all’Occidente – una marchetta vivente che presta la sua cultura ora alle lusinghe dell’Oscar (vedi Brokeback Mountain), ora ai riconoscimenti del suo degno compare Marco Mueller (anche questo film è risultato infatti vincitore a Venezia) – torna a strizzare l’occhio ai gusti della nostra cultura, con l’ennesima pellicola ambientata in Cina, ma girata in pieno stile occidentale, ad uso e consumo di un pubblico lontano anni luce dai paesi del Sol Levante.

Lussuria (o meglio, Lust, Caution) ha intitolato il suo film: tanto per non smentirsi e mettere la ciliegina furbetta sulla sua torta. Ma stiano attenti i voyeristi attratti dal titoletto ammiccante e dalla trama zozzetta (peraltro vista e rivista): di sesso nel film ce n’è per non più di dieci minuti, a fronte dei 150 totali e a dispetto delle censure sbandierate ai quattro venti dal ridicolo regime cinese.

Il resto è fatto di un susseguirsi infinitamente monotono e pazzescamente ripetitivo di scene tutte uguale, che si rincorrono in una sorta di vortice circolare, che vede la protagonista ripetere praticamente le stesse azioni e vivere le stesse situazioni ogni due scene. Con tanto di ingarbugliamenti di una sceneggiatura che nel finale si perde pure tra flashback e pseudo colpi di scena. Ma è dura riuscire a risollevare l’attenzione dello spettatore, quando per due ore e mezza lo si è costretto a sorbirsi la storiella della ragazza-spia della resistenza cinese (Joan Chen) che, negli anni dell’occupazione giapponese, viene ingaggiata da un gruppo di amici studenti per sedurre e far uccidere un collaborazionista cinese (Tony Leung). Il tentativo non riesce, ma la giovane si ritroverà quasi casualmente pochi anni dopo ad essere di nuovo reclutata per tentare di portare a termine quanto aveva iniziato.

Insomma, fan di Black Book fatevi avanti: qui c’è esattamente il materiale per voi! (La scena in cui ai cospiratori tocca “istruire” e iniziare la spia vergine ai piaceri della carne sembra presa di peso dalla trama dei filmetti erotici di bassa leva). Ma tra un ammiccamento e un ripasso del Kamasutra, tra dialoghi ripetitivi e scene inutili, manca pure quella tensione emotiva e quell’azione di cui per lo meno non difettava il film di Verhoeven.

In Lussuria non c’è politica, non c’è storia, non c’è nemmeno sesso (o meglio: ce n’é poco): c’è giusto un abbozzo mediamente riuscito di ritratto sociale. Ma niente che non si sia visto altrove, niente che non abbia già annoiato mille altre volte. Se ne poteva fare un affresco di spessore decente, intrigante e nuovo almeno per il pubblico occidentale: si è invece ridotto il tutto a romanzetto bagnato di sesso. Ma questo è Ang Lee. Vi aveva già fregato con Brokeback Mountain: se vi piace ancora dopo quest’ultima prova, tenetevelo pure. Ve lo meritate.

 

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