Mr. Magorium

“Quante volte avete spiegato ai vostri bambini che la magia non esiste?…
Ma se invece avessero ragione loro?”

Palle rimbalzose, giocattoli magici e ragguardevoli visioni fantastiche sono gli ingredienti principali del piatto offerto dal nuovo arrivato Zach Helm, affermatosi come sceneggiatore grazie alle passate collaborazioni in campo teatrale e di recente per aver firmato Stranger that fiction e The DisAssociate – quest’ultimo di prossima uscita al cinema. Edward Magorium è un uomo che dall’età di 65 anni ha smesso di invecchiare e adesso, raggiunta la veneranda età di 253 anni, ha deciso di andare via con l’intenzione di affidare il proprio negozio di giocattoli alla dolce Mahoney. Ella, non sentendosi pronta per un tale compito, cade vittima della stessa tristezza per mezzo della quale ha perso quella scintilla musicale posseduta sin da piccola e ora persa più che mai. Fortuna che, grazie ad un cubo di legno e all’amicizia del piccolo Eric, le cose siano destinate a cambiare…

Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie è una favola pura che mira a far sognare le piccole anime. Piena di luci e colori, non professa la consolidata e boriosa sfida “buoni contro cattivi”, bensì ambisce a rinfoltire una cinematografia fantastica andata perduta insieme alle magie di Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (1971) e La storia infinita. La fantasia oltretutto viene sapientemente miscelata alla vita reale con affabile naturalezza, costruendo attorno a sé un film dal fascino Pascoliano. Non vi è cinismo interpretativo: ciò che viene inscenato ha il solo scopo di stimolare l’immaginazione dello spettatore; che sia bambino o un adulto poco importa. Sincero (oltre che insolito) appare inoltre il rapporto creatosi tra Natalie Portman, Dustin Hoffman e il piccolo Zach Mills, la cui sintonia riesce ad impreziosire maggiormente l’onirica e positiva premessa iniziale.

Il film difatti si potrebbe sintetizzare nell’abbraccio ricercato di un peluche a cui manca dell’affetto umano e nella commovente voglia di dialogo tra due persone, divisi da un separè – oltre che fisico – generazionale. Allorché la diversità non sia solo dimostrazione di timidezza, basta un semplice “Ciao” scritto su di un pezzo di carta a far tornare il sorriso a chi il sorriso lo aveva dimenticato. Una commedia non banale, frizzante.
Particolarmente consigliata agli eterni bambini/sognatori.

 

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