niente-da-fare.jpgIl titolo prende spunto dalla celebre canzone di Bobby Solo degli anni ’60, ed è uno degli omaggi dichiarati con cui il regista Emanuele Barresi condisce questa sua opera prima.

Lo spunto narrativo è interessante, non del tutto originale, ma potenzialmente ricco di spunti.
In breve: a Livorno (città del regista), un eterogeneo gruppo di persone forma una piccola compagnia teatrale amatoriale, “I Perseveranti”, che svolge le proprie prove in un vecchio teatro in disuso, pagando un affitto simbolico al proprietario, il Commendator Baciocchi (interpretato da Andrea Buscemi).

La compagnia è costituita da Letizia, giovane commessa della COOP (Alba Rohrwacher), dall’avvocato Massimo (Rocco Papaleo), da due pensionati, dal disoccupato Enrico, dall’impiegata postale Chiara, dallo studente Ivan e infine da un falegname.
Il Baciocchi vorrebbe sfrattare i teatranti per riconvertire il teatro in uffici da cedere ad una Banca.
I Perseveranti, per i quali la passione teatrale rappresenta l’unica vera possibilità di realizzare i propri sogni ed evadere da una vita per diversi aspetti insoddisfacente e castrante, si oppongono come possono a questa operazione speculativa: allestendo, a tempo di record, la “Cavalleria Rusticana” (adattamento dell’opera lirica del livornese Mascagni, tratta dall’omonima novella di Verga).

A questo punto, com’è tradizione di questo tipo di racconti, le vicende personali si intrecciano con la finzione teatrale, ricalcandone sommariamente i caratteri principali.

Come si vede, il regista (e coautore del soggetto assieme a Francesco Bruni) inserisce nel film diversi aspetti della propria esperienza di spettacolo (da giovane fu col Bruni attore amatoriale di teatro) e della propria città, Livorno, di cui inserisce scene e riferimenti culturali (uno per tutti le musiche di Mascagni).
Tutti contributi inseriti come canditi in un dolce pasquale.

Però tutto questo condimento, a volte eccessivo e posto fuori contesto, non viene supportato da una sceneggiatura e da dialoghi all’altezza, la storia si perde scadendo di intensità, i caratteri diventano macchiettistici e non credibili.
Quel che è peggio, la recitazione di alcuni dei personaggi è degna della recita scolastica di fine anno.
Pur con le dovute eccezioni (Papaleo e la Rohrwacher, e i comprimari Pisu e Poli) a volte si avverte un impaccio imbarazzante da parte degli attori, quasi si chiedessero se rimanere seri o ridere delle loro stesse battute. Certe frasi suonano false e i dialoghi sono in genere prevedibili e non offrono nulla che lo spettatore possa ricordare alla fine della proiezione.

Il dolce non solo non lievita, ma risulta vuoto, senza neanche il sapore tenue di un divertissement leggero: l’unico pastiche risultante è quello che regna tra gli interpreti.
Ed è un peccato: come si diceva lo spunto avrebbe meritato un ben diverso sviluppo, ed alcuni attori avrebbero sicuramente meritato migliori battute da recitare.
Vedere un veterano come Pisu o un’attrice del tenore della Poli arenarsi in un film di questo tenore, fa un po’ mestizia…

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    Massimo Frezza

    Alba Rohrwacher, giovane ed elegante attrice italiana (nonostante il cognome) molto amata da Moretti, era la sorellina dai capelli rossi di Scamarcio e Germano, in “Mio fratello è figlio unico” ed è recentemente apparsa in “Caos calmo”. 🙂

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