30 Giorni di Notte

Sono lontani i tempi degli zombie di Romero, quelli che vestivano di stracci, barcollavano lentamente e rappresentavano l’avanzare minaccioso e letale di un terzo mondo che bussa alle porte dell’Occidente. Quelli di oggi vestono in giacca e cravatta, sono veloci e agilissimi e sono tanto assetati di sangue quanto furbi nel nascondere le tracce delle proprie malefatte di fronte ai posteri, per poter colpire con la stessa ferocia anche in futuro. Sarà che più che zombie sembrano vampiri (visto che soffrono la luce del sole), ma i mostri di David Slade sono tanto diversi dai loro storici predecessori. Nonostante ciò, in quanto a valore politico, hanno poco da invidiare a quelli.

Tratto dall’omonimo grafic novel, 30 giorni di buio ambienta tra i ghiacci dell’Alaska una storia tanto semplice quanto misteriosa: all’indomani dell’inizio del mese di notte perenne, tipico di quelle latitudini, in uno sperduto paesino cominciano a verificarsi strane morti di animali. Col calare delle tenebre, un’orda di uomini agilissimi e assetati di sangue si riverserà nella cittadina, sbranando i suoi abitanti. Ovviamente, chi viene morso si trasforma in uno degli “altri”. Uno sparuto gruppo di fortunati riuscirà a resistere, asserragliato e braccato, in attesa che il ritorno del sole allontani la minaccia.

Nessuna novità dal punto di vista narrativo, quindi: tutto si iscrive nel filone iper-battuto degli zombie-horror, compresa la fotografia e la buona dose di ottimi effetti speciali (alle spalle di Slade c’è la casa di produzione di Sam Raimi) e di scene splatter, che dosano sapientemente visto e non-visto. Il che, unito alla durata decisamente insolita per il genere (sull’orlo delle due ore), sulla carta non depone a favore della godevolezza della sceneggiatura: e invece il lavoro scritto da Steve Niles e Stuart Beattie tiene desta l’attenzione abbastanza a lungo, subisce un lieve calo solo prima del gran finale e si rivela potente appunto nell’ultimissima parte, coinvolgente seppure poco credibile (ma sono dettagli in un horror!).

D’altro canto, il rovescio della medaglia vede una regia, priva di grossi sprazzi vitali o di movimenti originali, affidarsi spesso quasi esclusivamente alla solita alternanza dei piani sonori per cercare di spaventare, specie nei momenti di stallo dell’assedio. Il che rende a tratti discontinuo il ritmo di un racconto che, seppure si svolge nell’arco di 30 giorni, sembra piuttosto essere concentrato in una sola notte.

Insomma, lodevole e pienamente riuscita la ricerca del sottotesto politico, ottima la resa visiva, discreta quella della sceneggiatura. Ma questi 30 giorni di buio rimangono comunque lontani anni luce da quei 28 giorni dopo che ancora attendono un rivale, capace di scalzarli dalla posizione di unico horror ad aver saputo riscrivere in chiave moderna i canoni di un sottogenere come quello degli zombie-movie.

 

You May Also Like

More From Author

3Comments

Add yours
  1. 2
    SIMONA

    l’ho visto ieri sera al cinema con il mio amore…..beh….non c’è stato bisogno di stringermi a lui….il film mi prendeva di piu’…………forse anke l’attore!!!!

+ Leave a Comment