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Forte degli applausi ottenuti all’ultimo Festival di Torino, quando fu presentato in tempi in cui la tematica dello smaltimento illegale di rifiuti in Campania non era ancora ritornata a galla nelle cronache nazionali, Biùtiful cauntri esce ora nelle nostre sale, con la speranza che il tema di strettissima attualità porti pubblico ad un’opera che merita non solo di essere vista, ma di essere conosciuta. Perché se è vero che la materia trattata è oramai nota al grande pubblico, la forza dell’aneddoto, della testimonianza diretta, della Storia, fa scoprire aspetti diversi, “nuovi”, più drammatici.

La via scelta dai 3 registi Esmeralda Calabria, Andrea D’Abrosio e Peppe Ruggiero è infatti quella di portare a galla non il marcio (perché quello giace imputridito sotto il sole della ex Campania Felix da 14 anni!), ma ciò che c’è dietro, intorno e davanti: ossia cause passate e presenti e conseguenze future di un meccanismo che distrugge quella terra dall’inizio degli Anni Novanta. E lo fanno attraverso testimonianze, interviste, intercettazioni telefoniche e immagini inequivocabili, che analizzano nel dettaglio, nei meccanismi più profondi, nelle modalità meno note quei fatti già conosciuti per grandi linee.

Si va dalle immagini delle cataste infinite di ecoballe poste a pochi metri dalle coltivazioni di frutta, alle inquadrature degli orti di prodotti D.O.C. adiacenti alle discariche, passando per i racconti di pastori che vedono morire le pecore come mosche, intossicate dalla diossina, finendo con le testimonianze di chi riferisce di gare d’appalto per gli inceneritori fondate sul principio del risparmio e non della qualità.

Ne emerge il ritratto di quella “camorra dai guanti bianchi” che lavora in silenzio, notte dopo notte, che non si sporca le mani di sangue e che è stata capace di non fare rumore sulla stampa nazionale per 15 anni o forse più. Ad aiutare i 3 registi a dipingere questo ritratto ci pensa quello che è il “protagonista” del documentario, Raffaele Del Giudice, un educatore all’ambiente: un uomo di quella regione, un uomo arrabbiato, deluso, amareggiato, ferito come la sua stessa terra. Ma un uomo anche immensamente coraggioso, il cui cipiglio è certamente da ammirare.

“Ci scagliano contro la natura – afferma saggiamente un contadino intervistato – ma poi la natura ce la riportiamo in casa con le sue ferite. Ma qui l’agricoltura non rende: rendono più le cave”. Triste verità che un documentario importante come Biùtiful cauntri riesce pienamente a riportare a galla. Si più imputare al film i Calabria, D’Ambrosio e Ruggiero di non avere forse la piena audacia di fare per filo e per segno i nomi dei colpevoli (che compaiono solo sporadicamente): i tre si difendono dicendo che non è loro compito (ma per un documentario a tesi come questo si potrebbe sostenere esattamente il contrario). Tuttavia va premiato innanzitutto il coraggio di infilarsi, macchina da presa in spalla, in mezzo alla realtà difficile di quelle campagne. E speriamo che il pubblico sappia premiare questa virtù.

 

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