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Il Signore degli Anelli di Peter Jackson ha rilanciato il genere fantasy, nel bene o nel male. Ormai le avventure pieni di orchi e strane creature fantastiche non solo riempiono gli scaffali delle librerie specializzate, ma attirano sempre più spesso le major hollywoodiane, pronte ad accaparrarsi i diritti di sfruttamento per farne un film dai sicuri incassi. E’ questo il caso di Le cronache di Spiderwick, fantasy per ragazzi basato sulla serie di libri scritti da Holly Black e illustrati da Tony DiTerlizzi.

Quando la famiglia Grace – composta da mamma Helen, Jared, il gemello Simon e la sorella Mallory – si trasferiscono in una mansion appartenuta al loro lontano pro zio Arthur Spiderwick, non hanno la ben che minima idea di cosa conservi quel luogo sinistro e disincantato. Il piccolo Simon scoprirà pian piano strani segreti, tra cui un libro sigillato trovato per caso dentro un baule nel soffitto. Incuriosito come lo può essere un bambino della sua età, romperà il sigillo per mezzo del quale le strane creature – invisibili agli occhi umani – sono rimaste fino ad oggi rinchiuse. Messa così alle strette, la famiglia Grace dovrà lottare strenuamente per la sopravvivenza…

Senza girarci inutilmente attorno, Spiderwick è facilmente classificabile come un fantasy del tutto inutile; pieno di luoghi comuni e creature mostruose che di orribile, in verità, hanno solo l’idea. Lo spettatore, suo malgrado, verrà coinvolto nelle noiose vicende del piccolo Simon – interpretato dal bambino prodigio Freddie Highmore (portato sotto i riflettori grazie a Neverland – Un sogno per la vita). Le sfide saranno molto classiche, tanto da mantenere basso il grado di coinvolgimento e lasciare, di rimando, pochissimo spazio all’immaginazione. Effettivamente viene da chiedersi a quale pubblico si dovrebbe rivolgere un simile prodotto: troppo stereotipato e sempliciotto per gli adoratori del fantasy moderno, ma anche troppo poco interessante e borioso per i novelli cinefili.

La regia di Mark Waters non riesce purtroppo a trovare un equilibrio immaginifico, incapace così com’è di reinterpretare con originalità la maestosità del genere. Nonostante i nomi coinvolti (Nick Nolte e David Strathairn su tutti) e le due famose aziende dietro gli effetti speciali (Industrial Light & Magic e Tippet Studio), Le Cronache di Spiderwick sprofonda nell’anonimato più imbarazzante, scopiazzando in maniera cronica i difetti peggiori della concorrenza. Lo stesso compositore James Horner sembra non trovare una sua dimensione creativa, riproponendo motivetti troppo simili al suo trascorso Casper.
Da evitare.

 

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