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Questa prima regia USA del maestro Wong (Kar Wai) lascia quantomeno perplessi. Se il suo interesse, infatti, era quello di esaminare (alla Dickens) gli amori presenti, dopo essersi occupato del passato (In the Mood for Love) e del futuro (2046), facciamo fatica a credere di non trovarci ancora in una sala ologrammi. Impossibile, infatti, sospendere l’incredulità così tanto da cadere nella struggente e melensa storia d’amore e di lontananza tra uno degli uomini più sexy di Hollywood (il divino e talentoso Jude Law) e la più scialba, noiosa, ansiogena cantante americana della storia: la snob e spocchiosa Norah Jones, qui al suo debutto sul grande schermo (se ne sentiva davvero il bisogno?).

Menzione d’onore alla stupenda Rachel Weisz (che appare troppo fugacemente nei panni di una donna combattuta e delusa dalla vita), alla bravissima Natalie Portman (cui invece spetta il compito di risollevare le sorti di un personaggio di scarsa utilità narrativa) ed a David Strathairn, la cui intensa interpretazione del poliziotto è, probabilmente, l’unica – autentica – ragione per vedere questo film.

Se si escludono i primi 15 minuti e gli ultimi 20, in cui, alla Sheherazade, la storia si compie…il resto di Un bacio romantico è sconnesso e decisamente già visto. La partita di poker, poi, oltre che pretestuoso e inutile intermezzo narrativo, è tra le meno credibili della storia del cinema. Questo è, purtroppo, il vero tranello per i registi asiatici che si cimentano con materiale europeo e/o americano: per descrivere il poker, bisogna conoscerlo. Eastwood o i fratelli Cohen avrebbero fatto della sexy giocatrice e figlia d’arte Portman, dalla pettinatura improbabile e dallo sguardo killer, una nuova icona di questo inizio secolo. Nelle mani di Wong, invece, sembra di trovarsi di fronte alla Principessa Padmé che si è persa nel paese delle meraviglie.

Sarebbe da chiedersi cosa sarebbe stato di questa sceneggiatura se fosse stata lasciata nelle mani del genio di Shanghai, invece di farla rimaneggiare a Lawrence Block di cui, se tanto mi dà tanto, non leggerò mai un giallo.

Ciliegine su questa iper-romanticamente postmoderna (un po’ troppo MTV) torta di mirtilli (da cui, lo splendido titolo originale. Ma chi se le inventa, queste assurde traduzioni italiane?): la perfetta colonna sonora, la fotografia in notturna che rasenta l’optimum, la tecnica registica che indugia in romantici ralenty con voce off stile videoclip e la scena ritratta nella locandina, tenero deja vu filmico da cui tutto inizia ed ove tutto finisce. Quanto basta forse per far digerire la torta ad inguaribili, romantici cercatori della storia d’amore travagliata e perfetta.

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