Michael Davis si è laureato alla Pearson School of Design di New York. Dopo un breve periodo come regista di cartoni animati a Washington, è andato alla USC’s School of Cinema-Television dove ha vinto una borsa di studio per la Edward G. Small. Nel 1996, ha scritto e diretto Eight Days A Week, con Keri Russel, che ha vinto l’Audience Award al Sundance Film Festival del 1997. Davis ha recentemente finito di scrivere il suo primo romanzo Lawrence of Suburbia e sta attualmente scrivendo il suo prossimo film.

La genesi di Shoot’em up si deve, in parte, ad una scena del film Hardboiled di John Woo in cui un eroe, interpretato da Chow Yun Fat, è in ospedale con una pistola ed un bambino. Ma non solo: le basi di questo film vanno ricercate soprattutto nei racconti che il regista del film scrisse quando era ancora a scuola. Questi racconti, sul tipo di quelli di James Bond, con titoli quali Masquerade of Death o Spearhead ricalcavano i toni e lo stile di Fleming.
Già da allora Davis sognava di fare un film tutto di azione: il regista ha disegnato 17.000 bozzetti per creare 15 minuti di animazione per le 11 sequenze di azione del film, che hanno impressionato favorevolmente i produttori Susan Monford, Don Murphy e Rick Benattar.

Michael Davis scrive Shoot’em up come una versione operaia dei film di James Bond. Mr. Smith (Clive Owen) è l’antitesi di 007. E’stato danneggiato psicologicamente nel passato, è un uomo senza fissa dimora che non gode di nessuna altra risorsa se non di se stesso. Vive in un edificio fatiscente e non possiede nulla. L’unico talento di Mr. Smith è la sua capacità di sparare, quindi mangia carote perché fanno bene alla vista. Smith è il mitico personaggio solitario e sui generis con un sacco di risorse che vengono fuori a seconda della necessità.
Quando, all’inizio del film, si trova coinvolto in una sparatoria il cui oggetto scatenante è un bambino, lo salva e decide di affidarlo alle cure di Donna Quintano, una madre-prostituta (Monica Bellucci). Tra i due nascerà, ovviamente, una storia d’amore e formeranno una unità famigliare sui generis.
La domanda che pervade il film è: perché qualcuno vuole il bambino morto?

Il cattivo della situazione, Mr. Hertz (Paul Giamatti), un agente sotto copertura dell’FBI che è corrotto ma allo stesso tempo è dotato di un formidabile genio intuitivo, dà la caccia a Smith senza cedimenti. Non è imponente fisicamente, come ci si aspetterebbe dal cattivo di turno, ma lo è mentalmente, ha tutto grosso: una pistola grossissima, guida un’auto enorme, porta la cinta con una grossa fibbia, cerca di compensare con queste cose la sua bassa statura. E’ un vero cattivo sin dall’inizio e continua così fino alla fine. Hertz è un cattivo dentro, un perverso un feticista, che però riesce a recitare la parte di maritino perfetto e risponde alle telefonate della moglie anche quando ha delle pallottole in corpo.

Il lessico visivo del film è dovuto, per quanto riguarda i paesaggi urbani, all’assemblaggio di diverse slide di foto di siti abbandonati di Toronto e Montreal. Inoltre il direttore della fotografia Peter Pau ha usato una scala di colori denaturata in blu, ma piena di verde, giallo, arancione e rosso, in modo da avere una prevalenza di toni caldi, con qualche punta di freddo. L’intenzione del regista è quello di creare un’unica sequenza di azione, una specie di caccia, un grosso e continuo conflitto a fuoco. Davis vuole dipingere il mondo di Smith come una visione uniforme di tutta la storia. L’architettura è sviluppata per supportare l’azione, la sua collaborazione include dei dettagli di ogni personaggio, senza però rivelarne molto. Un altro elemento importante del film è l’umorismo a volte caustico, non a caso sparpagliato qua e là.

Lo scopo del film rimane quello di divertire: Shoot’em up dà tutta l’azione e lo humour nero che il tipo di pubblico affezionato a questo tipo di film si aspetta.
Una nota di colore è la contrapposizione tra il mondo grigio di Mr. Smith e quello estremamente colorato di Donna Quintana, o DQ come affettuosamente viene chiamata da Smith. La Bellucci nella versione originale pronuncia alcune frasi, quelle più concitate in italiano, che lasciano ovviamente basito il personaggio interpretato da Owen. Queste frasi con il nostro doppiaggio si trasformano in… napoletano! Ci saremmo aspettati l’umbro e invece no… ecco che spunta il napoletano.
Paul Giamatti con la sua bravura riesce a farsi luce in mezzo a due sex symbol come Clive Owen e Monica Bellucci,
Il soggetto del film è originale ed è di Michael Davis, ma ricorda da vicino lo stile “fumettistico”. Non ha caso Davis è laureato in design!

You May Also Like

More From Author

+ There are no comments

Add yours