Dopo aver dato fondo a tutta la sua dose di amore per le stramberie col suo riuscito Lemony Snicket, Brad Silberling torna sulla Terra e ci porta a fare un bagno di vita quotidiana. Ma questa sua parabola artistica passa da un eccesso ad un altro: così qui si rischia la noia del quotidiano, nella vana ricerca di quella (tanto di moda) meraviglia per le piccole cose che alla luce del sole dimentichiamo e nel buio della sala riscopriamo con piacere. L’idea è discreta, ma la realizzazione non brillantissima.
Un buon lavoro di certo Silberling l’ha svolto con il casting: Morgan Freeman è praticamente chiamato a interpretare se stesso (nel bene e nel male), mentre Paz Vega ha finora dimostrato che il ruolo dell’ispano-americana insoddisfatta (vedasi pure Spanglish) è quello che le calza meglio. I due danno vita a siparietti riusciti, in cui predomina lo stile contenuto ed equilibrato di una regia che gioca scolasticamente ma efficacemente con campi e controcampi e di una sceneggiatura che fa del tono medio una sorta di dictat, alla lunga controproducente.
Dire infatti che ci sia una storia dietro a 10 cose di noi è fare un azzardo: quello scritto da Silberling stesso è infatti il classico film che mette in scena due personaggi che giocano a intervistarsi, a scoprirsi. Un film fatto esclusivamente di dialoghi, insomma. Di recente abbiamo ammirato il genere in una sua eccellente espressione, quel gioiellino di Interview: ma la differenza che passa fra quel capolavoro e questo film sta tutta proprio nei dialoghi, lì brillanti e sagaci, qui abbastanza banalotti e già sentiti.
D’altronde si gioca sulle piccole cose, non sull’effetto – e l’abbiamo detto. Lo fa anche la scenografia, che ritrae i deprimenti sobborghi ispanici di Los Angeles, dove lei fa la cassiera frustrata in un supermercato, mentre lui è un attore di buona fama che si trova a studiare il personaggio del direttore di un supermarket per poterlo reinterpretare. Così si incontrano, familiarizzano e lui la aiuta prima a trovare un ruolo da attrice e poi la forza di abbandonare le ristrettezze di una vita senza prospettive. Il tutto a suon di balletti, amore per le cose semplici e classifiche sulle cose da tenere e su quelle da gettar via (a tal proposito: solita nota di demerito per la traduzione italiana del titolo, che perde completamente il simpatico e azzeccato riferimento ai 10 items or less della cassa veloce del supermercato!).
Se non ci si annoia molto è soprattutto merito della durata, che intelligentemente non supera l’ora e dieci minuti. Il che sicuramente aggiunge ulteriore equilibrio ad un’opera comunque coerente e senza pretese dall’inizio alla fine, ben recitata e discretamente girata, ma carente dal punto di vista della scrittura e dei contenuti. Si poteva far molto di più, magari affidando ad altri lo script, perchè per il resto la materia prima non manca. Occasione sprecata.
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