Olivier Marchal ci riprova col noir, dopo il successo di 36 – Quai des Orfèvres, ma il risultato non si avvicina quasi per niente allo spessore tematico e alla perfezione stilistica di quel piccolo gioiello: troppo confuso e troppo poco diretto, questo L’ultima missione, perché il pathos e l’elemento giallistico possano averla vinta su una certa stanchezza della recitazione e soprattutto della sceneggiatura.

Che non è la volta buona lo si intuisce già dal titolo (MR 73 – nome di un arma usata nel film – diventa per i titolasti etilici italiani l’occasione per ricordarsi che ci deve essere sempre un “ultimo/a qualcosa” al cinema. Chissà perché poi…), nonché dal deserto sotto forma di casting che circonda Daniel Auteuil (sì, un altro film francese con Daniel Auteuil. Ma esistono film francesi senza di lui? O senza Gerard Depardieu? O senza entrambi? Un team di studiosi sta cercando una risposta…). Eppure il valente attore è proprio l’unico che tenta di tenere in piedi la baracca per due stiracchiatissime ore, togliendosi gli occhiali dal viso il meno possibile. Impresa che gli riesce per larghi tratti (tenere il film, non gli occhiali!).

La sceneggiatura, firmata da Marchal stesso, lo vuole nei panni di un integerrimo detective della corrotta polizia marsigliese: un uomo con un tragico passato recente alle spalle e l’ossessione per un criminale che ha distrutto la vita della sua famiglia e di altre vittime, stuprate e uccise. Quest’uomo, ora in prigione, sta per essere rilasciato con la condizionale, mentre un altro omicida seriale comincia a perpetrare uccisioni similari. E una donna, anch’essa vittima del primo maniaco, trova nel detective una persona che la conforti e ne capisca il dramma.

Si inizia col freno a mano tirato, 40 minuti per presentare i diversi personaggi e una sceneggiatura che riesce comunque a mantenere un invadente e paradossale mistero sulla vita passata del protagonista. Si prosegue con maggiore brio e più coerenza narrativa: la storia ne giova e la godibilità anche. Ma si conclude con un finale lungo e stanco, che si perde dietro ai deliri del protagonista, aggiungendo mezz’ora di stanca al già precario equilibrio del film.

Si intenda bene, però: L’ultima missione non è certo film da buttare! Come fanno i noir i francesi non c’è mai paragone: anche qui atmosfere, pioggia, alcool e personaggi cupi si sprecano e fanno una gran bella figura (specie agli occhi degli amanti del genere). E comunque l’analisi dei personaggi, seppure non originale, riesce a meritare lo stesso un po’ d’attenzione. Ma la sensazione forte è che si doveva fare di più e da un regista capace di insegnare noir come fece con 36, la pretesa era più che lecita. Deludente.

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