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Il genere dei film in costume si presta sempre – per le sue stessa caratteristiche – a messe in scena sfarzose e curate nei dettagli (spesso più estetici che filologici), nonché all’utilizzo di un cast di forte richiamo, giusto per dare un senso a tanta ricerca del particolare. Non a caso Justin Chadwick si affida ad un trio di superstar come Eric Bana, Scarlett Johansson e Natalie Portman, per confezionare un film esteticamente ineccepibile, ma a tratti carente e lacunoso nella sostanza.

Storia di intrighi, sesso, potere e violenza “regale”, spesso mascherata però da storiella d’amore con tanto di musichette romantiche, L’altra donna del re ci porta nella corte inglese all’epoca di Enrico VIII, sovrano che la storia ricorda per le sue innumerevoli mogli e concubine e soprattutto per lo scisma dalla Chiesa di Roma, che diede vita alla Chiesa d’Inghilterra.

Ma Chadwick sposta il centro focale della sua storia dal ruolo del re a quello della famiglia dei Bolena, gente di provincia, arrivista e senza scrupoli. Quando Enrico VIII (Eric Bana) sceglie la giovane Maria Bolena (Scarlett Johansson) come sua amante da portare a corte, alla ricerca di una donna che sappia dargli l’erede maschio, i genitori mandano la sorella Anna alla corte di Francia, per “lasciare spazio” a Maria, la quale riuscirà a dare al re “solo” una figlia. Il ritorno di Anna dalla Francia rimescolerà le carte in tavola e i sentimenti del re, che si farà trascinare prima in uno scisma, poi nel divorzio dalla moglie legittima e infine in un nuovo matrimonio.

Il film dipinge uno scenario storicamente abbastanza fedele nei dettagli, ma si lancia in un’interpretazione (onestamente poco credibile) che vede Maria Bolena come ragazza innocente e veramente innamorata, contrapposta ad una sorella arrivista e ad una famiglia di cinici calcolatori, tra i quali si distingue solo la madre, unico personaggio onesto, che parla fuori dalle righe.
Ciò non toglie che la pellicola rimanga comunque un film in costume dal tono classico, ottimamente confezionato, ma senza particolari pregi: prevedibile, già visto, spesso pesante e lento nei dialoghi e nei momenti storicamente salienti, ma comunque in sostanza godibile per larghi tratti.

Incorniciato ottimamente da una splendida fotografia, che oscilla fra i toni del giallo (per le rare scene allegri e solari) e quelli del blu (per le sequenze delle trame di corte), il film vive dello stesso sfarzo della corte che riporta in vita: c’è così un Eric Bana truccato e vestito in una maniera giustamente maestosa, che gli garantisce una presenza scenica imponente; c’è però anche una Scarlett Johansson troppo muta e monoespressiva in tante scene; mentre la Portland se la cava decisamente meglio, sfoggiando il suo lato più mascolino.

In definitiva, un prodotto non perfettamente riuscito, che gioca molto sul cast e tutto sull’estetica, con una trama ben orchestrata, ma appesantita dalle scelte di una sceneggiatura che la tira troppo per le lunghe. Un film che non piacerà a chi ama le pellicole snelle e veloci, ma comunque adatto alla serata di svago semi-impegnato.

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