Nell’era dei comic book movies fatti di effetti speciali patinatissimi e storielle d’amore a fare da pallido sfondo tra una battaglia galattica e l’altra, Jon Favreau sceglie di andare controcorrente. Una scelta sulla carta opinabile, ma che al botteghino ha già ripagato. Sarà forse perché il regista newyorkese sposa questa linea coerentemente in tutto e per tutto: accetta di portare sullo schermo il meno noto (fuori dai confini USA) tra i supereroi, nonché quello più anomalo (l’unico che sceglie di essere supereroe), abbandona la lunghissima durata, tralascia lo spettacolo fine a se stesso e si concentra sulla sceneggiatura e soprattutto sul protagonista.

Il suo Iron Man è il (non) fumettone che non ti aspetti, uno strano misto fra spettacolarità e intenti narrativi da lunga serie cinematografica: non a caso il film dura meno di due ore, ma la sensazione (confermata dal finale aperto e dai numerosi recenti rumour) è che lo si rivedrà presto al cinema in veste di sequel.

D’altronde lo stesso protagonista è un personaggio alquanto controverso: padrone di una ditta di armi da guerra, ma ignaro degli usi più “sporchi” che di esse si fanno, Tony Stark (Robert Downey Jr.) viene inviato in Afghanistan per partecipare alla costruzione di un nuovo missile, ma viene catturato dai terroristi, che lo obbligano a costruire l’arma per loro. Durante la detenzione, riuscirà invece a inventarsi un armatura di metallo che gli permetterà la fuga. Tornato a casa e perfezionato con gadget iper-tecnologici il suo esoscheletro, deciderà di mettere la sua vita e la sua azienda al servizio dell’umanità. Peccato che non tutti i pezzi grossi della sua ditta la pensino come lui…

Non stupisce certo vedere proprio oggi un personaggio come Iron Man portato al cinema: se agli occhi di noi europei sembrerà tanto irreale il duplice e mutevole ruolo svolto da questo individuo, oltreoceano parrà decisamente incarnare lo spirito contrito di un certa parte di un popolo che prima arma regioni intere, poi le mette in uno stato di guerra permanente e infine si pulisce la coscienza con operazioni di “liberazione”, in virtù della parola magica “democrazia”.

A noi fa tanto ridere. E forse una volta tanto avremmo preferito vedere anche qualche scena spettacolare in più, visto che i fuochi d’artificio qui sono relegati a poche sporadiche apparizioni, tra cui una convincente scena di combattimento aereo e l’immancabile battaglia finale. Il che basta comunque a consigliarne la visione solo in un’attrezzata sala cinematografica (come sempre in questi casi). Per fortuna, invece, l’altrettanto immancabile storiella d’amore (nello specifico, tra Stark e la sua segretaria) è appena accennata, lasciata tutto sommato in background e assolutamente mai sdolcinata.

D’altronde poco si addice il romanticismo ad un personaggio comunque cinico, spiritoso e soprattutto adulto e determinato come colui che si cela dietro l’armatura metallica. Un protagonista che è un po’ l’elemento di forza del film, interpretato da un Downey Jr. convincente e perfetto per il ruolo (mentre lo stesso non può dirsi per la scialba segretaria Gwyneth Paltrow).

In fondo comunque, la grande novità sta nel fatto che il grande potere, da cui come sempre derivano grandi responsabilità (tanto per rimanere nell’ambito fumettistico), qui è scelto e non è un dono del caso. La metafora adolescenziale è abbandonata. Ora è il momento di scegliere. Speriamo sappia farlo anche la nazione più potente del mondo.

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