Jon Poll trova un modo singolare e scanzonato per parlare dei problemi adolescenziali, della sindrome del deficit dell’attenzione, dell’abuso di medicinali e droghe, dei genitori troppo impegnati per ascoltare i figli. E ne tira fuori un film spassoso, a tratti originale e a tratti più scontato, ma di certo godibile e consigliabile: una commedia per tutti, dove si ride parecchio e c’è pure qualcosa da imparare. Ma senza la minima retorica.

Definire scoppiettante, geniale e spassosa la prima mezz’ora di film è usare un malriuscito eufemismo! Charlie Bartlett apre le danze travolgendo con i suoi dialoghi da antologia, con una situazione di partenza originale e borderline e con il ritratto dei personaggi, che sembrano usciti qui da Correndo con le forbici in mano, lì da American Beauty. Il protagonista non a caso è interpretato da un ragazzetto che non avrebbe sfigurato affatto in entrambi i succitati film: trattasi di Anton Yelchin (già visto in Alpha Dog), tipetto con carriera in ascesa, visto che figurerà a breve anche in Star Trek, New York, I Love You e Terminator 4.

A lui tocca il ruolo di un giovane figlio di famiglia ricchissima, che vive con una madre possessiva ma depressa, un padre in galera, un autista e una limousine tutta per lui e uno psichiatra sempre pronto ad assisterlo. Mente geniale e vulcanica nonostante la giovane età, causa l’incapacità – tipica del genio – di scorgere il confine fra lecito e illecito –, si fa cacciare da ogni scuola privata della città, finchè non finisce alla pubblica. Lì diverrà presto l’idolo delle masse, spacciando medicinali come Ritalin e Xanax presso i suoi coetanei, bisognosi semplicemente dell’ascolto che solo lui sa dare loro. E si innamorerà anche di una ragazza: per la precisione la figlia del preside (Robert Downey Jr.), un uomo all’ultima spiaggia, la cui carriera non lo soddisfa affatto.

Dopo il geniale e divertentissimo esordio, arriva inevitabile e fisiologico un calo di ritmo e di umorismo: la storia prosegue per un’altra ora senza lesinare momenti briosi e originali, ma scadendo nello scontato in più di un frangente. La trama diventa quindi prevedibile nel finale, ma ciò non impedisce a Poll di lanciare con efficacia e senza paternalismi il suo monito: un invito ad ascoltare i proprio figli e a non affogare ogni problema nella psichiatria e tanto meno nei medicinali. In una società come quella Americana, fatta di obiettivi da raggiungere ad ogni costo, ansie da primo posto e Ritalin come fosse acqua minerale, Charlie Bartlett si propone come un divertente e ironico mezzo per porre padri e figli di fronte all’evidente fragilità delle fondamenta su cui si basano i loro rapporti.

Il film di Poll vive di momenti esaltanti e di virate (inevitabili) verso binari meno estrosi, proprio come fosse uno dei suoi personaggi drogati di antidepressivi. Ma d’altro canto è un’opera matta e prodigiosa come il suo protagonista, capace di darti quello che non ti aspetti (specie dal punto di vista comico): pochi momenti per cui vale davvero consigliarne la visione a prescindere.

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