Da Birds in poi, il tema della natura che si ribella contro l’uomo è stato affrontato più volte a cinema. Nel filone si getta anche M. Night Shyamalan, che unisce al genere i toni del catastrofismo da fine del mondo, ma dimentica che una storia non ha bisogno solo di un buon soggetto, ma anche di nessi logici accettabili e di una degna conclusione. Tutte caratteristiche che mancano a E venne il giorno. Shyamalan peggiora sempre di più di film in film: sicuramente questo lavoro è superiore al precedente Lady in the Water, ma è certamente un prodotto di cassetta di scarso livello.

Se c’è qualcosa che salva il film dal disastro è sicuramente l’ottima regia, che tiene in piedi la tensione in maniera magistrale per un’ora e mezza, salvando davvero la pellicola dalla nullità. Shyamalan dimostra di avere confidenza con una declinazione tutta sua dei canoni dell’horror: girando nello stile che già fu di Signs, riesce a spaventare senza mostrare quasi mai una goccia di sangue, lavorando per ellissi visive, giocando intelligentemente coi suoni, addirittura terrorizzando col solo fruscio del vento fra le foglie. Davvero impressionante: orde di registucoli di horror di serie B avrebbero da che imparare, specie a Oriente.

Ma se tecnicamente è lui a insegnare, dal punto di vista del soggetto, il debito verso storie già viste altrove è forte: diverse scene richiamano apertamente il film di Hitchcock succitato, mentre nella storia dello strano virus misterioso venuto dal nulla si può trovare più d’un legame con La guerra dei mondi. L’incipit di E venne il giorno si svolge a Central Park, dove improvvisamente centinaia di persone cominciano ad avere problemi verbali e motori e tentano di suicidarsi. Il fenomeno si estende a macchia d’olio a tutta la città, fino a contagiare tutta la costa est. Nessuno ne conosce la causa e così tutti si mettono in fuga: tra loro il protagonista (Mark Wahlberg), insegnante di scienze, e la moglie Alma (Zooey Deschanel).

Inutile stare a disquisire sul perché centinaia di persone muoiano attorno ai protagonisti, lasciando loro immuni dalle neurotossine letali: la logica sta alla larga da questo film. Ma anche accettando la sospensione d’incredulità a favore dello spettacolo, risulta difficile credere ad una storia del genere, per giunta priva di un finale accettabile, di una spiegazione decente a quanto accaduto. Se c’è coinvolgimento, lo si deve esclusivamente a ragioni tecniche e alle doti registiche e di montaggio di Shyamalan. Non aiuta in ciò né l’interpretazione degli attori, con un Wahlberg congelato nella stessa espressione per tutto il film, né l’eccesso finale di tirate moralistiche cripto-ecologiste.

Purtroppo E venne il giorno è il risultato di quanto accade a chi crea il vuoto attorno a sé in un ambiente come Hollywood: Shyamalan non è privo di classe, sa come si dirige un film, ma dovrebbe smetterla di sceneggiarsi da solo i propri film. I suoi giorni di gloria di autore factotum sono morti e defunti. È ora che se ne faccia una ragione, perché il suo film non è un disastro, ma a rovinarlo è la stessa persona che riesce a salvarlo: lui!

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