Ricordate i Dissennatori del terzo Harry Potter, le creature che si nutrivano della felicità umana? L’italiano Dario Piana rovescia un po’ il succo della faccenda, ma in qualche modo ne trae ispirazione per gli esseri malefici che governano il suo Le morti di Ian Stone, thriller-horror non originalissimo nei contenuti e nelle trovate narrative, ma capace di risultare comunque avvincente e “nuovo”, grazie ad una sceneggiatura che sa giocarsi bene le sue carte.

Nel suo universo, Ian Stone (Mike Vogel) è un giovane giocatore di hockey del college, fidanzato con la bionda Jenny (Christina Cole), il quale muore spinto sotto ai binari di un treno, dopo aver cercato di aiutare quello che credeva un uomo a terra. Si risveglia in un’altra vita, con un’altra donna, un lavoro e uno strano figuro che lo avverte di fuggire da chi lo vuole uccidere, ogni volta che vedrà il suo orologio fermarsi. Ma la lotta contro le strane creature che lo inseguono sarà inizialmente impari: Ian continuerà a morire ogni giorno, reincarnandosi in altre esistenze, in cui però incontrerà sempre la sua Jenny. Comincerà a venirne fuori solo quando capirà chi sono e cosa vogliono da lui le creature infernali.

Il pretesto degli strani mostri (il cui ruolo viene svelato nella seconda parte del film, tenendo lo spettatore all’oscuro e incuriosito per tre quarti d’ora) serve a Piana per dipanare la trama di un film sulla forza dell’amore, sentimento più potente di qualunque odio o paura. Un sottotesto curioso e insolito per un film costruito come un thriller e condito da personaggi, estetica e scene da vero horror. Ma il risvolto romantico non stride affatto, anzi, dona un certo inatteso spessore all’opera, proprio quando essa comincia a ripetere un po’ stancamente le sue formule.

Certo, i debiti narrativi e contenutistici di Piana sono notevoli (dal succitato Harry Potter alle atmosfere alla Matrix, al tema della immortalità e della reincarnazione, che richiama troppo alla mente Highlander); ma la sua estetica d’impatto, alcuni effetti speciali d’effetto e una certa tensione, che non si vede più spesso nemmeno negli horror duri e puri, premiano una visione rilassata e disimpegnata, tipica della stagione estiva. Senza pretese, ma discretamente riuscito.

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