Che la Pixar abbia dato nuovo senso a tutto il genere dei film d’animazione e che la sua originalità sia anni luce oltre quella della concorrenza sono oramai fatti talmente assodati, che quasi ci siamo stancati di ripeterli. Ma la realizzazione di WALL-E va oltre tutto questo: il film diretto da Andrew Stanton non è solo una pietra miliare delle pellicole d’animazione, non è solo (forse) il miglior film della storia della Pixar, ma è un punto di svolta per tutto un genere.

WALL-E sdogana infatti definitivamente questo tipo di film da tutta una serie di caratteristiche che li hanno sempre relegati (anzi, condannati) ad essere considerati poco più che costosi e divertenti giocattoli: il film di colui che già diresse Alla ricerca di Nemo e A Bug’s Life conta infatti su una sceneggiatura da seguire con attenzione (a dispetto dei 40 minuti iniziali di completo mutismo dell’opera!), il che lo libera finalmente dalla gabbia dei “film per bambini”; e non concede nulla o quasi al citazionismo spinto che caratterizza il genere da anni (ok, i riferimenti a 2001: Odissea nello spazio erano davvero troppo ghiotti, quasi scontati, per lasciarseli scappare!), riconoscendo all’opera autonomia e una dignità propria.

Insomma, finalmente non è più una mezza eresia parlare di Oscar per questo genere di pellicole. Anzi, è un dovere.
Il resto è pura cronaca della semi-perfezione. La storia del robottino spazzino rimasto a pulire la Terra alle soglie del 3000, mentre il resto dell’umanità è in viaggio in una enorme nave spaziale, quasi commuove dalla tenerezza: merito delle espressioni mute e dolcissime dell’inimitabile protagonista, che riesce a parlare muovendo solo gli occhi, nemmeno fossimo in un film di Charlie Chaplin. Tutto inizia in mezzo al silenzio, senza mezzo dialogo per metà film: poi arriva la storia d’amore, le scene d’azione e un’intelligente quanto ironica parodia di un’umanità sempre più schiava della tecnologia (d’altronde la Disney un’eredità doveva pur averla lasciata in casa Pixar).

Eppure la parte migliore di tutto il film è proprio quella iniziale, quel lirico mutismo che parla al cuore con le espressioni più tenere che si siano mai viste… addosso ad un robot! Una poesia di immagini d’animazione che ha solo un’unica grande musa ispiratrice: l’infinita originalità dei geni della Pixar.

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