Dopo il promettente ma in fondo deludente Chicken Little, la Disney – “orfana” del legame con la Pixar che l’ha introdotta al mondo dell’animazione – era attesa al banco di prova: Bolt non rappresenta forse la maturazione effettiva e tanto auspicata, ma è di certo un prodotto meglio riuscito e più completo del suo predecessore. E i difetti sono quelli “tanto cari” alla casa di Topolino, per cui è forse più giusto parlare di marchi di fabbrica indelebili che di errori di vario genere.

D’altronde, a produrre qui c’è un certo John Lassater, uno che da Toy Story a Cars ha fatto grande non solo la Disney, ma l’intero genere dei film d’animazione. E difatti il vero passo avanti Bolt lo fa grazie ad una discreta originalità non solo del soggetto, ma anche delle situazioni comiche. L’idea di scegliere come protagonista il cane-attore di una serie tv girata ad Hollywood, che crede di avere davvero i super-poteri e che scappa nel mondo reale, scontrandosi con i suoi limiti, è qualcosa che odora tanto di genialità Pixar, piuttosto che di scaffale polveroso Disney.

Tale originalità si esaurisce tuttavia troppo in fretta, nell’arco del primo tempo del film: i primi 50 minuti servono a presentare tutti i personaggi e a “bruciare” la scorta di battute significative. I restanti 40 minuti servono solo a virare sul genere d’azione, a concludere la trama a mo’ di storiella per bambini (d’altronde se la Pixar si è distaccata dalla Disney nulla ci toglie dalla mente che sia stato per lo più per divergenze sul target) e soprattutto a infilare tra una scena e l’altra l’immancabile, classica, scontata moraletta (quella sì che non manca mai!), che tuttavia stavolta appare meno manifesta che in passato.

Come spesso accade in questo genere di film, la vis comica è tutta affidata non certo al protagonista (scialbo e “perfettino”, stile Topolino), quanto ai comprimari: dal gatto cinico e compassato, ai piccioni con una gestualità “di collo” da far piegare in due, fino all’improbabile criceto nella palla di vetro (particolare che rappresenta un mistero narrativo, ma che fa di certo sorridere). Si aggiunge alla truppa di animali ridicolmente comici anche un azzeccato essere umano, il manager della ragazzina-attrice, che è una riuscitissima parodia della categoria.

Come detto, la prima parte è assai gustosa, si ride parecchio e di gusto e ci si gode il buon ritmo. Ma dura tutto troppo poco. E Bolt non è un mediometraggio. Quando alla Disney capiranno la differenza, tireranno fuori un ottimo lavoro. Ma ora ad aiutarli non c’è più mamma Pixar: possibile che in tanti anni non abbiano capito nulla?

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