Dopo aver stupito con il Leone d’Oro Vera Drake, dramma potente e duro da dimenticare, Mike Leigh cambia completamente registro, ma meraviglia lo stesso per la facilità con cui ribalta il tema portante della sua pellicola, spostando l’accento sulla felicità e sulla forza trascinante (ma non sempre contagiosa) di questo sentimento. Leigh inventa un personaggio che tanto (troppo) ricorda la celebre Amelie Poulain, ma lo cala in un mondo più realistico di quello del film francese: una scelta che costituisce allo stesso tempo la croce e la delizia del film.
Perché se è vero che ciò rende l’opera meno sognata e irreale e magari convincerà anche qualcuno dell’importanza del sorridere alla vita, dall’altro lato sembra rendere la protagonista una povera illusa, una stupida che ride per nascondersi la realtà, che sfugge al pragmatismo di chi la circonda. Sì, perché La felicità porta fortuna (Happy-Go-Lucky) è un film non solo ambientato a Londra, ma che trasuda spirito londinese: e non certo dalle inquadrature fugaci su Camden Town o su Regents Park o dai profili inconfondibili delle case britanniche, bensì dalla mentalità dei personaggi del film, così “inquadrati” e stressati alcuni, così matti ed estroversi altri. Una contraddizione che l’eclettismo della protagonista mette in risalto, come un reagente in una soluzione chimica.
L’effetto non può che essere esplosivo, tanto da dare al film brio e vivacità per quasi due ore, nonostante – come detto – il soggetto non appaia affatto nuovissimo od originale. Buona parte del lavoro la fa l’ottima Sally Hawkins, Orso d’Argento all’ultimo Festival di Berlino, ultimo riconoscimento di una carriera passata tra grande e piccolo schermo, con annesse apparizioni teatrali, e voluta come protagonista da Leigh dopo la collaborazione proprio in Vera Drake. A lei spetta di dare forma alle risate continue (e a volte quasi irritanti) di un’insegnante di scuola materna che passa il tempo tra lavoro, lezioni di flamenco e di guida, dividendo casa con un’amica non molto dissimile da lei. E proprio l’incontro con colleghi e istruttori vari farà scattare la molla: alcuni di loro sapranno comprendere quanto di positivo possa avere una persona così gioviale, mentre lei capirà che non sempre e non per tutti la vita può essere solo rose e fiori.
Come è stato detto da più parti, si può tacciare il film di non indagare a fondo proprio il personaggio principale. Il fatto è che quello interpretato dalla Hawkins è un soggetto semplice, che vuole disarmare proprio in virtù della sua semplicità e smascherare le debolezze di chi vive la vita prendendosi troppo sul serio. È questa la “morale” del film, è questo il motivo che spinge a consigliare il l’opera sia a chi soffre la vita frenetica delle città o le sfide e le scadenze improrogabili della vita, sia a chi non riesce proprio a perdersi l’ultima corsa, troppo preso da se stesso anche per avere il tempo di scoppiare in un pianto liberatorio.
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Oggi sono andata a vederlo con la scuola.. Guardate, una delusione assoluta, una noia mortale.. Davvero non lo reggevo più! Non vedevo l’ora che finisse.
Vi dico solo che alla fine del film si sono alzati tutti cominciando ad applaudire e si è alzato un coro di “DIO SIA LODATO!”… Come non dargli ragione?
Sono un grande ammiratore di Mike Leigh, mi spiace dirlo ma a mio parere con questo film, all’ottima idea che ha avuto; non gli è riuscito di dargli uno sviluppo adeguato. Ho trovato uno sviluppo troppo forzato addirittura, in alcuni frangenti banale. La felicità è uno stato che una persona deve avere lo scopo di perseguire, invece Poppy mi sembrava ubriaca di felicità, così tanto ubriaca di felicità da non poterne godere appieno, la prima scena ne è un esempio quando non ritrova la bicicletta Poppy ha lo stesso livello di felicità che in ogni altro momento del film, risulta quasi una felicità artefatta mono-tono. Ho trovato banali e quasi finti, anche il personaggio del medico bello, nero e simpatico e l’insegnante di scuola guida, razzista, brutto, intollerante e ignorante (ce le aveva tutte lui), quando magari nella realtà i difetti e i pregi sono più equamente distribuiti nelle persone. L’ultimo commento è per l’insegnante, di Flamenco che invece era molto passionale, anche se è risultata banale quando ha parlato degli zingari, del loro orgoglio e del loro riscatto. Io trovo quando si fa razzismo al contrario sia tanto grave di quando si fa razzismo. Continuare a parlare di persone come razza, popolazione ecc. non fa altro che mantenerli vivi come entità ed è solo rifornimento per le menti bacate e razziste anche se ne parla in toni positivi. [-]
E’ veramente deprimente andare al cinema e vedere una bruttissima copia di amelie …farla peggio nn era possibile…con protagonista..brutta, insulsa ed idiota…ma come si fa a parlare bene di questo film….? le recensioni sno sempre una trappola…infatti siamo anndati a vederlo e siamo usciti logorati dentro…nn finiva +. …..dire ke è banale è voler essere carini con il regista…..andiamo và che è meglio !
amelie poulain? occacchio questa è grossa…
Cavoli ma siete diventati tutti degli idioti? fa schifo! QUESTO FILM FA SCHIFO! i dialoghi sono insopportabili, i personaggi di una banalità talmente tirata che da il nervoso per tutto il film, le scene talmente lunghe che non gli si da piu bado…ma possibile che tutti lo acclamino come un capolavoro? è una porcheria ed è cosi palese che lo sia che comincio a dubitare della salute mentale o dell’onestà di alcuni…
Sono d’accordo. Sono andato a vedere questo film che era quotato molto bene. Invece sono rimasto proprio di sasso..
La struttura è noiosa, la morale è orribile.
La protagonista è scema e ha dei problemi. Infatti si chiude in se stessa, non si espone e usa discorsi a caso, frenando ogni tipo di dialogo.
Quindi la fortuna sua è che solo ha trovato un ragazzo? Piu’ che altro è una cosa normale.
Cito anch’io l’istruttore di guida, un bel personaggio.
perchè i critici hanno paura di parlar male di un film? è brutto, piatto, superficiale, con comicità riciclata, tanto buonismo da strozzarsi ed una protagonista stupida. interessante l’istruttore di guida, bravo l’attore. andare a vederlo al cinema, comunque, equivale a regalare soldi immeritati.