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L’istrione Jim Carrey non smette mai di stupire in quanto a continuità: nella sua carriera non avrà forse spaziato da un genere all’altro, non avrà interpretato ruoli opposti, ma le sue commedie – quando semplicemente demenziali come negli esordi o quando più “ricercate” come negli ultimi tempi – hanno sempre avuto la forza comica della semplicità disarmante. Niente fronzoli, ma risate oneste e senza pretese. Con Yes Man abbandona anche il bastone della mimica facciale che lo ha reso tanto famoso, per appoggiarsi quasi esclusivamente sulle gag fornite dalla storia. Eppure il film si regge lo stesso, a conferma della validità dello script.

Certo, senza Jim Carrey, con un attore meno protagonista e più esteticamente anonimo, probabilmente il risultato sarebbe stato meno incisivo in parecchie scene. Ma ciò non dimostra che l’alchimia che il regista Peyton Reed ha saputo trovare tra la storia e il gioiello d’attore che aveva tra le mani. Storia peraltro di disarmante semplicità: si potrebbe parlare più di trovata da espediente comico che di vera trama. L’idea dell’uomo un po’ depresso e frustrato che accetta di dire di sì a qualunque domanda la vita gli ponga è foriera di una serie di scenette al limite della gag, tutte un po’ slegate fra loro, ma tenute assieme dal filo rosso della relazione sentimentale che il protagonista intrattiene con la sua nuova amica (Zooey Deschanel).

Si procede quindi per un’ora a suon di situazioni comiche a sé stanti, quasi come se si seguisse l’ordine con cui le idee sono venute nella mente degli sceneggiatori. E alcune scene sono comunque da antologia, come la presa in giro dei fan di Harry Potter, ma soprattutto come la sequenza dell’interrogatorio in aeroporto: un compendio comico delle ridicole fobie americane post 11 Settembre. L’ultima mezz’ora si affloscia un po’ e perde la scoppiettante velocità della prima parte, ma è un classico del genere, quando anche la storiella d’amore deve giungere ad un termine.

Rimane comunque il senso un po’ ambiguo che la produzione ha voluto dare alla confezione dell’opera, sospesa tra la classica aspirazione commerciale e le velleità da pubblico indie: vedasi la scelta della colonna sonora, nonché quella dell’attrice co-protagonista. Un ibrido cerchiobottista che convince poco, ma nemmeno stona troppo. In ogni caso siamo di fronte alla classica commedia semplice e divertente, adatta a tutta la famiglia e al pomeriggio di relax totale: se cercate come ingannare un’ora e mezza, Jim Carrey non vi deluderà neanche stavolta.

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