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Feuilleton, opera kitsch, pot-pourri: bisogna attingere al dizionario per descrivere adeguatamente questa mega-produzione aussie, in cui gigioneggiano due sex-symbol come Nicole Kidman e il palestrato Hugh Jackman – non sapevamo che un rude mandriano australiano (personaggio interpretato dal citato “bonazzo”) avesse il tempo di fare body-building…

Baz Luhrmann, che ha al suo attivo i fantasmagorici Romeo+Juliet e Moulin Rouge!, si è cimentato con questo polpettone, definito il Via col vento australiano e fortemente sponsorizzato dal governo di Sydney per l’aspetto promozionale della pellicola.

Il risultato? Un grande spettacolo per famiglie, che frulla insieme citazioni di Chatwin (in particolare, il suo Le vie dei canti) e il Mago di Oz, western di frontiera e romanzo di formazione.
Il tutto lasciando spesso e volentieri da parte il principio di realtà: i personaggi sono delineati senza guardare troppo per il sottile – tutti sono o buonissimi o perfidi – mentre molti episodi si susseguono senza troppa logica, come quando l’intrepida Lady Ashley (una Kidman prima algida e insopportabile, poi sentimentale e insopportabile) e il ribelle ma fedele Drover (Jackman) schiaffano sul cargo all’ancora del porto di Darwin 1.500 capi di bestiame sotto il naso del prepotente allevatore rivale, battendolo sul tempo malgrado il contratto da questi già firmato con l’esercito australiano per la fornitura di carne alle truppe.

La storia, oltre a durare francamente troppo (2 ore e 45’), segue un ritmo incalzante, ruotando intorno alle vicende della nobildonna catapultata dalla sussiegosa Inghilterra nella turbolenta Oceania sulle tracce del marito, stregato dai grandi spazi dell’outback e incaponitosi a fare fortuna con l’allevamento nel Paese delle grandi opportunità. Naturalmente, il poveretto viene quasi subito tolto di mezzo, in modo che possa poi sbocciare l’amore tra gli opposti estremismi del duro-ma-buono Drover e Mrs. Boss – così soprannominata dal ragazzino aborigeno Nullah, che farà risvegliare la voglia di famiglia nei due innamoratini.

Infatti, in Australia viene tratteggiata anche la questione aborigena, grazie agli straordinari volti e corpi del giovanissimo Brandon Walters e dell’anziano autoctono King George, suo nonno, interpretato da David Gulpilil. Questo attore, 55 anni, ha attraversato praticamente l’intera filmografia dedicata al tema, da Walkabout (1969) di Nicolas Roeg ai recenti, splendidi The Tracker, Ten canoes e Rabbit-Proof Fence, da noi tradotto con il peraltro corretto titolo di La generazione rubata. Eh sì, perché la questione aborigena è roba seria, al punto che il neoeletto primo ministro australiano, dopo anni di discussioni nel Paese, ha chiesto ufficialmente scusa ai nativi per le politiche di apartheid realizzate ai loro danni dai bianchi sin dallo sbarco sulle coste dell’isola. Particolarmente odiosa era la prassi di sottrarre i bambini aborigeni alle loro famiglie per sottoporli a un’educazione di stampo cristiano-europea e farli poi adottare dai coloni (da qui, appunto, il furto generazionale di cui al film citato).

Ma naturalmente tutto questo, trattandosi di Luhrman e non di Rolf de Heer, è spettacolarizzato in modo funzionale al melodramma allestito tra i panorami mozzafiato ritoccati in digitale che hanno reso felice il locale ente del turismo. Pensate che, malgrado i poteri magici trasmessigli dal nonno sciamano, a Nullah tocca pure suonare, con l’armonica a bocca, Somewhere over the rainbow

Le interminabili peripezie dei nostri eroi si concluderanno, manco a dirlo, con il più ovvio dei lieto fine, soprattutto per il ragazzino: questi infatti capisce che è giunto il momento di partire per il suo walkabout, il viaggio iniziatico sul sentiero degli spiriti ancestrali, lasciando così la coppia Kidman-Jackman a rimirarsi nel loro glamour.

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