valchiria

Riproporre al cinema un fatto storico così noto, come l’attentato organizzato dal colonnello von Stauffenberg ai danni di Adolf Hitler, e impostare il racconto a mo’ di thriller, vuol dire richiedere uno sforzo non indifferente alla sceneggiatura: quando il finale è già scritto occorre lavorare d’ingegno sul contorno per tenere alta la tensione. Bryan Singer riesce in pieno in questo aspetto della sfida ma, come spesso accaduto durante la sua filmografia (da I soliti sospetti a Superman Returns, passando per X-Men), dimentica di soffermarsi sugli elementi emotivi, dando vita ad un film freddo e calcolato, che coinvolge la mente ma non lo spirito.

Dalla visione di Operazione Valchiria si esce soddisfatti solo superficialmente: il film non lascia nulla e viene dimenticato presto. Esemplare in tal senso la scena in cui La Cavalcata delle Valchirie ispira al colonnello il suo piano: tanto profonde ed emotivamente trascinanti sono le sempre meravigliose note di Wagner, tanto scolastica e didascalica appare la sequenza, girata a mo’ di film d’annata.

Questa caratteristica del film, insieme pregio e limite dell’opera si riscontra persino nella prova del suo attore protagonista, un Tom Cruise scelto forse più alla ricerca di un nome altisonante da proporre al pubblico, che in virtù di un casting ragionato: Cruise appare come sempre preda di se stesso, troppo intento a rimirarsi nello specchio e a trasporre se stesso dentro von Stauffenberg, piuttosto che sinceramente impegnato a capire il colonnello e a rappresentarlo, come il canone della recitazione vorrebbe. Ecco che di nuovo – il leit-motiv si ripete – abbiamo un protagonista gelido, che ci regala praticamente un solo sguardo, quello accigliato e severo di chi sa che sta scrivendo la storia col proprio sacrificio. Parafrasando qualcuno, ci si sarebbe aspettati almeno la doppia espressione, con o senza la benda sull’occhio: e invece… nemmeno questo!

Chi non cerca l’opera che indaghi i dissidi del personaggio (che difatti pare proprio non avere dubbio alcuno), chi non vuole vedere i moti interiori riflettersi nello sguardo del protagonista, chi non è interessato alla rappresentazione storica fedele troverà tuttavia un film capace comunque di coinvolgerlo per quasi due ore, tra piani segreti orditi e smontati, colpi di stato a metà e ambientazione bellica. Per fortuna l’impostazione tutta centrata sulla trama evita almeno l’inserimento del classico, fastidioso e inutile elemento sentimentale, che si teme giunga da un momento all’altro e invece ci viene risparmiato: anche certi difetti hanno i loro pregi.

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