Se lo stile alla Michael Moore ha sdoganato il documentario a tesi, proponendolo come lecito strumento di accusa decisa e di parte (ma non per questo da relegare ad una nicchia) e un film come Borat ci ha insegnato come mettere a nudo le contraddizioni del sistema e della cultura (specie di quella americana) tramite l’uso della comicità, Religiolus è il figlio naturale di questi due processi “evolutivi”. E non a caso il suo regista, Larry Charles, è proprio quello del film con Baron Cohen, mentre il suo factotum, Bill Maher (comico assai noto in patria per le sue tirate politicamente scorrette), tanto deve proprio al regista di Fahreneit 9/11, al punto da ricordarlo quasi esplicitamente in fin troppi atteggiamenti.
Sgombriamo subito il campo da dubbi figli del boicottaggio becero che solo dalle nostre parti non viene additato come il trionfo del ridicolo (si pensi alla campagna fatta contro i poster pubblicitari del film o alla distribuzione misera a cui è stato relegato): Religiolus non offende le religioni, semplicemente mette a nudo quelle che sono contraddizioni ridicole e sostanziali, che non appaiono tali solo a chi non sa distinguere tra realtà e indottrinamento delle masse, perpetrato per secoli al fine di supportare un’istituzione; e soprattutto è divertente, spassosamente divertente e spesso e volentieri persino geniale nelle sue battute e negli spunti più creativi.
Il merito va per grossa parte non tanto (o non solo) alla comicità di Maher, al suo modo a tratti giustamente irriverente di incalzare interlocutori non all’altezza o ciarlatani di vario genere, ma per lo più a quello stile alla Blob, che monta rapidi spezzoni da film o cartoni animati nel bel mezzo delle (ridicole) frasi di certi soggetti. Effetto da risate e volontà.
Se un paio di difetti vogliamo riconoscerli al documentario – e non sono però difetti di poco conto – possiamo piuttosto dire che Maher è perdutamente e quasi esageratamente di parte (ma ci si poteva aspettare altro?) e si concentra tanto sulla religione cattolica e sulle sue varie sotto-chiese, rapportandosi invece con tutt’altro approccio (anche più “rispettoso”) alle altre due grandi religioni monoteiste, islamismo ed ebraismo. Il risultato è che “l’attacco” a queste ultime risulta più superficiale, relegato alla parte finale del film e quindi meno incisivo. D’altra parte il background culturale di Maher è quello cattolico e lui preferisce concentrarsi sulla quella galassia di micro-confessioni o chiese scismatiche che popolano l’America: ciò gli garantisce in fondo di trattare (e attaccare) ciò che conosce meglio, ma relega il film a prodotto leggermente “provinciale” (se possiamo intendere gli Stati Uniti come provincia!).
Per lo spettatore nostrano è un’occasione abbastanza rara per gettare un occhio proprio su quest’universo assai poco noto da noi, per ascoltare qualche sensata (e – ripetiamo – non offensiva) argomentazione da ateo o semplicemente da esseri raziocinanti circa l’indottrinamento cattolico e soprattutto per farsi un paio di sonore risate su un tema che mai come oggi andrebbe molto sdrammatizzato. Di spunti geniali Religiolus ne contiene a iosa e le battute da antologia potrebbero riempire questa pagina: non ne citiamo alcuna e vi invitiamo invece a fare un salto in sala (atei o credenti che siate). Beh, sempre che una sala che proietti il film, nella cattolicissima Italia del fondamentalismo oscurantista, riusciate a trovarla!
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