che-del-toroHasta siempre, comandante… chi non ha in testa il refrain di questo celebre inno politico-populista, dedicato da Carlos Puebla all’eroe rivoluzionario per antonomasia? Beh, l’operazione targata Soderbergh-Del Toro va al di là degli stereotipi su Ernesto Guevara de la Serna, mito di generazioni di giovani e meno giovani – un’amica, che ha vissuto quegli anni, ci raccontò di aver pianto quando apprese della notizia della morte del Che.

Si tratta infatti non di un film, ma addirittura due, estratti dall’enorme materiale ideato, scritto e girato dal regista di Sex Lies & Videotapes (difficile credere che l’autore di Che sia lo stesso di quell’acerbo esordio) e Traffic (anche lì con un fantastico Benicio Del Toro): Soderbergh ha lavorato con i produttori – Laura Bickford e lo stesso Del Toro – sulla base della sceneggiatura affidata a Peter Buchman, con la consulenza di Jon Lee Anderson, per un totale di almeno 7 anni di ricerche biografiche e storiche sulle vicende che hanno visto protagonista la complessa figura di Che Guevara.

Ne sono venuti fuori appunto due film, di cui il primo (ora sui nostri schermi) è dedicato all’ascesa del mito guevarista, dai primi contatti con Fidel Castro nell’esilio messicano alla decisiva vittoria nella battaglia di Santa Clara; il secondo, invece, uscirà il 1° maggio con il titolo «Che – la guerriglia» ed è dedicato a un ideale secondo tempo della vita dell’eroe ribelle.

«Che – l’argentino» utilizza più piani narrativi, intrecciando le fasi della guerra rivoluzionaria con quelle di Guevara ormai divenuto una sorta di rockstar internazionale (è lo stesso regista a definirlo così), ritratto in un bianco e nero sgranato quando approda a New York per denunciare l’imperialismo USA davanti all’Assemblea generale dell’ONU.
Qui, a dire il vero, vien fatto di pensare che forse non c’era bisogno di una fiction sul Che, tanto abbondante è il materiale di repertorio a disposizione su quegli anni – e Del Toro, premiato a Cannes come miglior interprete maschile, per quanto eccezionalmente bravo non può esser meglio dell’originale…

Ma poi subentra il disegno complessivo di Soderbergh, che si concentra su dettagli apparentemente minori per illuminare la personalità di Guevara con un realismo sobrio ed efficace, soprattutto quando mostra il lato ordinario, quotidiano della vita dei guerriglieri sulla Sierra Maestra, alle prese con l’addestramento delle reclute, con l’educazione politica dei campesinos nelle zone liberate, con l’amministrazione della giustizia rivoluzionaria: forse le anime belle grideranno allo scandalo, ma Che Guevara non era un santo, bensì un leader che verso nemici e traditori è stato necessariamente duro pur “senza perdere la tenerezza”, ovvero quella qualità che lo ha reso unico e così popolare presso almeno tre generazioni di giovani (e non solo) in tutto il mondo.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=EAfmlxwGPFo[/youtube]

You May Also Like

More From Author

+ There are no comments

Add yours