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Secondo ed ultimo film sulla straordinaria parabola esistenziale del Comandante Ernesto Che Guevara, il film Che-Guerriglia, diretto dal regista Steven Soderbergh, racconta essenzialmente il “periodo boliviano” del Che, dall’entrata nel paese in incognito, travestito da uomo d’affari uruguayano (eccezionali il metamorfismo e l’intensità interpretativa di cui è capace Benicio Del Toro, senza ombra di dubbio uno dei più grandi attori del cinema contemporaneo), al tentativo di organizzare in esercito i campesinos locali insieme ai cubani “importati”, fino alla sua sfortunata cattura ed esecuzione sommaria in località La Higuera, dopo mesi di estenuante vita in boscaglia, braccato con i suoi compagni dalle forze governative, tradito dai contadini spaventati dalla minaccia comunista ed abbandonato al suo destino sia dal voltagabbana Partito Comunista Boliviano capeggiato da Mario Monje, sia – secondo numerose fonti – dallo stesso “fratello” Fidel Castro.

Basato sul Diario in Bolivia, scritto dallo stesso Che Guevara, e sulle testimonianze di tre dei suoi uomini più fidati – Pombo, Urbano e Benigno – sopravvissuti alla guerriglia in Bolivia ed ancora viventi, il film – non meno del precedente Che-L’argentino – ha richiesto una preparazione di notevole rigore scientifico. “Interpretare il Che è stata un’esperienza diversa da tutte le altre per me – ha dichiarato il produttore e protagonista del film, Benicio Del Toro – trattandosi di un personaggio realmente esistito, siamo partiti dalla sua biografia e dagli scritti che aveva lasciato. Così ci siamo imbarcati in sette anni di ricerche durante i quali abbiamo letto tutto quello che era stato scritto da lui e su di lui. Ma, essenzialmente, per interpretarlo ho cercato di basarmi soprattutto sui suoi scritti”.

Le difficoltà dell’intera operazione boliviana furono aggravate dalle zone impervie ed inospitali dove si svolgeva la guerriglia, gelide d’inverno e caldissime d’estate: il Che, dopo aver visto quasi tutti i suoi compagni caduti per mano nemica o morti di stenti, tormentato dall’asma ed allo stremo delle forze fisiche, resisteva perché sostenuto da un’incredibile forza di volontà e da un incrollabile idealismo rivoluzionario, resi nel film con estrema sobrietà, senza alcuna enfasi nella recitazione o nella regia.

In entrambi i film sul Che, Soderbergh usa quasi esclusivamente la luce naturale, aiutato da un’innovativa cinepresa digitale ad alte prestazioni, la RED, appena sfornata dall’azienda produttrice, che offre la qualità di una pellicola 35 mm e la convenienza del digitale puro, con un risultato di notevole realismo.
“Sono stato attratto dal Che Guevara come soggetto cinematografico – afferma Soderbergh – non soltanto perché la sua vita stessa è un’avventura, ma perché mi affascinano le sfide pratiche legate alla realizzazione su vasta scala di un’idea politica. Volevo sottolineare le doti fisiche e psicologiche necessarie per affrontare due campagne come queste e raccontare il processo attraverso il quale un uomo, nato con una volontà di ferro, scopre la sua capacità di ispirare e guidare gli altri”.

E’ nota l’insofferenza del Che, all’indomani della vittoria della Rivoluzione cubana, alle nuove forme di sclerotizzazione burocratica che l’evoluzione del processo rivoluzionario inevitabilmente portava con sé. La sua natura irrequieta lo aveva già condotto verso nuovi lidi, l’Africa, l’Asia e la Cina: l’istinto “missionario” dell’umanissimo medico Ernesto Guevara e la ferma convinzione che un’altra rivoluzione, quella dell’intero continente latino-americano, fosse possibile, spinsero il Che verso la sua ultima eccezionale avventura: in Bolivia, centro del continente, sarebbe sorta un’organizzazione “a ombrello” che, dopo l’addestramento di gruppi locali, avrebbe aperto un fronte di guerriglia, conquistando zone di territorio liberato ed allargando così il fronte ad altri internazionalisti di paesi vicini come il Perù, l’Argentina, il Cile, il Brasile, e così via.

Il sogno della sua impresa fu fermato troppo presto ed in maniera brutale ma proprio per questo la sua immagine, nelle generazioni future di tutti i tempi, acquisì l’aurea di un mito di eterna purezza e di una coerenza senza compromessi. Hasta sempre, Comandante!

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