Al Momia è l’opera prima (targata 1969) del regista egiziano Shadi Abdel Salam, restaurata alla Cineteca di Bologna dalla World Cinema Foundation di Martin Scorsese, e presentata al Festival di Cannes di quest’anno.
Basato su avvenimenti reali, il film è ambientato nell’Alto Egitto del 1881, dove una tribù di pastori sopravvive rivendendo antichi monili recuperati profanando dei sarcofagi. L’ultimo erede, Wannis, venuto a conoscenza del modo in cui il villaggio riesce a vivere, non sopporta l’ignobile peso della verità (“i morti, è questo il nostro pane?”). Il giovane pastore aiuterà gli archeologi a trovare il luogo dove la tribù nasconde i sarcofagi da intere generazioni, pagando il suo gesto con l’allontanamento.
Pare che Rossellini abbia spinto la sceneggiatura di questo meraviglioso film fino al ministero della cultura del paese, convincendo il ministro Twarwat Okasha a finanziare il giovane regista.
Al Momia è un film rimasto modernissimo, per via della storia di travaglio interiore e di scelte etiche in un Egitto ormai lontano dall’epoca dei faraoni e influenzato dall’Islam, i cui protagonisti decidono di portare rispetto ad una civiltà antica, di rimediare sugli errori dei padri, di fare i conti con un passato che ritorna. Guardando il film, non si può non cedere ad un parallelismo visivo con un altro grande film del ’69 come Medea di Pasolini.
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