adventureland

Sulle note di Pale Blues Eyes, scritta dal grande Lou Reed dei Velvet Underground, prende forma la storia di Greg Mottola, regista emergente come tanti altri, che cerca la sua strada inseguendo quel nuovo genere di commedia indie-adolescente sviluppatosi dopo il meritatissimo successo di Juno, e lo fa interpretando un piccolo ruolo in Hollywood Ending, prima, e dirigendo Superbad, poi.

Bisogna subito ammettere che Adventureland non è certamente la pellicola ideale per arricchire la filmografia di un quasi-esordiente, specie se il film in questione risulta spesso contornato da un’atmosfera tanto, decisamente troppo pretenziosa per celare la propria natura di b-movie destinato, ancora una volta, ad un noleggio blockbuster. Per non parlare degli infiniti spunti di riferimento rubacchiati qua e là a lungometraggi di maggior affermazione come Nick & Norah’s Infinite Playlist, con cui le analogie sono davvero forti ed esplicite, se non fosse che l’indie-rock viene qui sostituito da una neanche così buona soundtrack anni ’80, ed i due ragazzi protagonisti (anche stavolta inizialmente innamorati di altre persone) girovagano per un parco giochi piuttosto che per un’incantevole New York, finendo col restituire una fotografia del tutto simile a quella del precedente The Dangerous Lives of Altar Boys, volutamente frenetica o, forse, solo esageratamente movimentata.

Fatto sta che l’attesa commedia che avrebbe dovuto rilanciare alla grande l’attrice Kristen Stewart, in vista del prossimo episodio della fortunata saga di Twilight – New Moon –, altro non è che il malriuscito tentativo di Mottola di portare sul grande schermo alcuni fatti reali della sua vita, accaduti quando lavorava all’Adventureland Park di Long Island. O, se vogliamo esser caritatevoli, preferisce dimostrarsi una discreta occasione per lanciare, a tutti gli effetti, la giovane carriera del promettente, ma spesso anonimo Jesse Eisenberg, che si è costantemente ritagliato qualche ottimo ruolo in prodotti di miglior qualità, come Il club degli imperatori e The Village.

Siamo nel 1987: James Brennan (J. Eisenberg) è un neodiplomato di Pittsburgh al quale è già stato riservato un posto alla Columbia University, un intellettuale romantico ed uno spirito libero pronto a partire per un viaggio in Europa – viaggio che i suoi genitori avrebbero dovuto regalargli per l’occasione. Dopo aver scoperto che il padre ha subìto un decisivo taglio di stipendio, il ragazzo capisce che dovrà guadagnarsi da solo ogni centesimo, e troverà lavoro nel parco dei divertimenti della sua città d’infanzia. Accanto a lui la bella Em (K. Stewart), anche lei una lavoratrice dello stesso; tra riscoperte amicizie e vicissitudini sentimentali interne, James avrà l’occasione di rivedere i propri sogni e le proprie speranze, ma soprattutto di crescere, finalmente, davvero.

Peccato per il breve ruolo di Ryan Reynolds: sempre in parte, ultimamente, il protagonista di Certamente, forse e Un segreto tra di noi. Il suo personaggio risulta difatti esser l’unico in grado di risolvere la propria empatia agli occhi dello spettatore, e probabilmente anche il solo ad esser completamente definito, in più di 100 minuti di dialogo affatto interessante, e pressappoco noioso ed estenuante.

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