Tratto dal visionario romanzo fantascientifico Un amore all’improvviso è l’adattamento cinematografico dell’opera prima della scrittrice e graphic-novelist) statunitense Audrey Niffenegger, che ha terminato di lavorare a quello che ora è un bestseller nel lontano 2003 e, proprio grazie ad esso, ha conquistato un pubblico di lettori talmente vasto da valerle ben due premi letterari.
La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo è il bellissimo titolo originale di un libro e di un film che, passando come di consueto per le inesperte mani della traduzione italiana, è stato ancor prima cambiato in “Un amore senza tempo”. Scelta piuttosto imbarazzante, e alla quale si è dovuto porre immediatamente rimedio, se si pensa che, soltanto nel 2008, un’altra pellicola, cui era stato ancora una volta sostituito il nome inglese per interesse puramente commerciale, portava lo stesso, identico titolo… ve la ricordate?
Era Evening (da noi accreditato, giustappunto, come Un amore senza tempo), diretto da Lajos Koltai ed interpretato da un numerosissimo cast tutto al femminile, con Claire Danes, Toni Collette, Meryl Streep, Glenn Close, Vanessa Redgrave e la – tristemente – scomparsa Natasha Richardson, figlia di quest’ultima nella vita e sullo schermo. Che oltre al danno vi sia stata anche la beffa, poi, con l’ulteriore evoluzione nominativa nell’atroce scappatoia di Un amore all’improvviso, risulta più che evidente.
Fatto sta che il film, nel complesso, non merita rivendicazioni di sorta in merito al prezioso titolo perso, perché se gli spettatori entreranno in sala intenzionati a rallegrarsi con un’intensa storia d’amore, allora non ne rimarranno affatto delusi. Gli informati, al contrario, vedranno un intero volume, di pagine in cui si trattavano argomenti come il viaggio nel tempo, il libero arbitrio, la predeterminazione delle cose, infrangersi al suolo e restarne tutt’altro che illeso.
Con tono melenso e fastidiosamente, sin troppo drammatico, difatti, la trasposizione del romanzo della Niffenegger perde quella sua originalità persino un pò irriverente e per nulla flemmatica, trascendendo la filosofia del viaggio temporale (molto alla Donnie Darko) per lasciar spazio alle romanticherie più insipide ed anodine (vedi La casa sul lago del tempo), tra cui si annovera la pessima interpretazione di Rachel McAdams che presto ritroveremo nell’atteso Sherlock Holmes di Guy Ritchie.
Prodotto (tra i tanti) da Brad Pitt, che ne aveva precedentemente acquistato i diritti cinematografici, il film narra le vicende amorose di Clare Abshire (McAdams) ed Henry DeTamble (Eric Bana, obiettivamente perfetto per – e nel – vestire i panni del personaggio descritto dall’autrice), bibliotecario affetto da una strana malattia genetica che prende il nome di “cronoalterazione”, e lo porta a viaggiare nel tempo nei momenti meno opportuni, senza controllo alcuno sugli effetti fisiologicamente (e psicologicamente) devastanti del caso.
(Nota del caporedattore: nessun film di valore si fonda su una sceneggiatura che preveda il protagonista nudo ad ogni balzo temporale – Film indirizzato ad un’audience prettamente femminile? Particolare già presente nel libro? Mah…una cosa è certa: banalizzare non ha mai pagato, al cinema)
Si salvano determinati momenti, insomma, come il tanto atteso matrimonio tra i due che, ovviamente, è previsto sin dalle prime scene della pellicola, mentre il resto è noia, come si suol dire. Pur tuttavia, andrebbe spezzata una lancia a favore del finale, risolto in maniera brillante e, azzarderemmo, addirittura geniale: cercando di non scadere in spiacevoli spoiler, vi basterà sapere che nella versione cartacea del film erano previsti dei paradossi temporali che avrebbero portato ad uno strano incontro tra amanti: lei, più che ottantenne, lui, ancora giovane e splendente. Highlander rules.
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