Armeeducrime

Cinéma Comoedia, Avenue Berthelot numero 13, Lyon. Entro nella sala uno per vedere un film che ho aspettato per diversi anni. Seduto, prima di essere completamente immerso nel buio, il trailer di L’Armée du crime di Robert Guédiguian. Nel montaggio del trailer un’immagine cattura i miei occhi: un’agguato in un café, un poliziotto in borghese, abito chiaro, con il braccio teso, impugna una pistola e dice “Police.” Due secondi di cinema, due secondi che potrebbero appartenere a qualsiasi polar. E quel braccio teso, immobile, immagine che stranamente mi pare antica, quasi a simboleggiare tutto un cinema fatto di donne e di revolver, di  personaggi affascinanti nella loro rigidità di genere. Ossessionato dal cinema francese degli anni ’50/’60, vedo il linguaggio del polar anche in un film sulla resistenza.

Insomma, dico alla mia dolce metà: “Devo vedere questo film”.

E quando finalmente lo vedo mi innamoro della sequenza dell’attentato nella libreria, della macchina da presa che inquadra un libro delle edizioni Gallimard, della bomba nascosta dentro una copia d’epoca di Das Kapital di Marx, di uno dei personaggi secondari che non lavora ma passa il tempo a leggere. I libri nel cinema francese. Ecco un’altra mia ossessione, colpa di Truffaut ma soprattutto di Godard. Forse, quando si realizza un film, inquadrare un libro è meno doloroso (il cinema è dolore, non ho dubbi su questo) di inquadrare uno schermo con un altro film, per un regista.

Comunque, il film che ero andato a vedere prima, e che attendevo da tanto, era Inglorious Basterds.

If I reach high points with Inglorious Basterds is partly because Paul (Thomas Anderson, ndr) came out with There Will Be Blood a couple of years ago.
Quentin Tarantino, reviewing There Will Be Blood on Tarantino Takes Over – Sky Movies

Resistenza, nazisti, Francia e Gallimard anche in questo film. In una scena Mélanie Laurent (nota del caporedattore: splendida in Le Concert, di prossima uscita) legge seduta in un café e alle sue spalle c’è una pila di libri tra cui quelli della famosa casa editrice francese. Ho sempre pensato che i libri della série blanche della Gallimard fossero perfetti per il cinema: di un bianco impercettibilmente roseo, sottile quadratura rossa e acronimo della Nouvelle Revue Française in corsivo nero. Riconoscibili e meravigliosi. Mi chiedo se fosse un Gallimard bianco anche il libro che Robin Renucci apre col coltello in The Dreamers. Non ricordo. Meglio non pensarci. Finirei col compilare l’ennesima lista di film.

Tarantino comincia ad avere un’età, e prova con qualcosa di diverso: smette di citare il suo cinema, il suo mondo così anni ’90 che tanto ci confortava. Forse è quello che spero, perchè le mie esigenze sono cambiate nel corso degli anni, e ora preferisco le sequenze più riflessive ed epiche dei due volumi di Kill Bill ai completi neri o ai bagagliai farciti di soul e surf music. Si, lo hanno già detto in molti, ma lo devo dire anche io: nella prima parte del film c’è quasi tutto John Ford.

In Inglorious Basterds l’essenza del cinema non si manifesta nelle citazioni al cinema tedesco o nell’idea di rifare il cinema propagandistico (il film nel film che Goebbels presenta a Hitler), bensì si concentra tutta nella scena ambientata nella cabina di proiezione, dove la Laurent inganna il soldato, lo uccide mentre è di spalle, osserva brevemente la proiezione in sala e si avvicina al corpo per poi trovare anch’essa la morte.
Quel guardare dopo aver ucciso è l’essenza del cinema, è la perenne vitalità dello sguardo, frammento poetico, elegante, di un film che forse apprezzeremo pienamente tra molti anni.

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