Popieluszko

Rafał Wieczyński torna dietro la macchina da presa e lo fa in grande, con il ritratto storico di uno dei personaggi più importanti della storia recente della Polonia: Jerzy Popiełuszko, sacerdote che ha partecipato alla rivolta di Solidarność, il primo sindacato polacco non-comunista e di matrice cattolica (diventato poi un vero e proprio movimento di massa). La storia di Popiełuszko – ucciso da funzionari del ministero dell’interno della Repubblica Popolare di Polonia nel 1984 – è incentrata sull’operazione di critica al regime comunista che il sacerdote attuava attraverso le sue omelie.

I tempi della narrazione sono molto ben bilanciati, la sceneggiatura non indugia sull’infanzia e la formazione del protagonista, ad esempio si limita a fotografare gli anni ’50 attraverso un paio di sequenze dove si lascia intendere che le ultime resistenze partigiane sono state eliminate dagli stalinisti. Quello di Wieczyński non è un kolossal (per quanto sia la più grande produzione polacca del 2009, con settemila attori e comparse) e neanche un film il cui scopo è beatificare un personaggio, si mostra, anzi, come uno dei pochi film attuali che riesce a raccontare in modo onesto un capitolo resistente della storia di una nazione. Può sembrare di essere davanti ad un dramma e invece non lo è, perchè le sequenze dei degli scioperi e delle rivolte affondano i denti della rappresentazione storica in una narrazione che evita di mostrare solo le vicende del protagonista.

E poi la messa in scena, quanta attenzione (nel mostrare, ad esempio, il ruolo dei mezzi di comunicazione – il reporter della BBC, l’operatore della Milicja che filma i contestatori), quante immagini da brivido, cominciando dal semplice fatto di aprire e chiudere il film inquadrando gli alberi dal basso, gli elementi naturali; poi la scena con la maschera anti-gas, i pedinamenti, la caduta finale del parroco che coincide con l’attacco dell’orchestra. Un classico del cinema polacco, possiamo già dirlo.

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