Hachiko-Richard-Gere

Hachiko è un cucciolo di Akita, perso e abbandonato sui binari di una stazione. Parker Wilson è un professore universitario, marito e padre devoto, che su quel binario ci passa tutti i giorni, alle otto e alle cinque, andando e ritornando dal lavoro. Un caso fortuito farà incontrare i due, che non si separeranno più.

Hachi accompagna il suo padrone alla stazione ogni giorno, e lì lo attende sino al suo ritorno, per rientrare insieme in casa. Ma un giorno il professor Parker viene colto da un’infarto mentre si trova all’università, e non scende dal treno delle cinque. Hachi continua ad aspettarlo, e torna il giorno dopo, e il giorno dopo ancora; fedelmente tornerà ogni giorno alle cinque in stazione per dieci anni, toccando così la vita e il cuore di molte persone che, come il suo padrone, frequentavano la stazione, pendolari di ritorno dal lavoro o negozianti della zona.

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Per quanto surreale e romanzata possa apparire, la storia di Hachiko è realmente accaduta. Il vero Hachi è nato nel 1923 ed è morto l’8 marzo 1935, aspettando il suo padrone alla stazione di Shibuya, dove è stata eretta una statua in sua memoria che tutt’oggi saluta i pendolari che entrano ed escono dalla stazione. In Giappone è un vero e proprio simbolo, un eroe nazionale, tanto che a lui sono stati dedicati diversi libri e già nel 1987 fu realizzato un film sulla sua storia, dal titolo Hachikō Monogatari, del regista Seijirô Kôyama.

Lasse Hallström (Chocolat) riprende questa storia e la riproduce fedelmente, addolcendola coi toni ovattati caratteristici dei suoi film. Accompagna con delicatezza lo spettatore, lasciando ch’esso si immedesimi, provi la stessa gioia nella nascita di questo meraviglioso rapporto e che soffra in egual modo, accompagnando Hachi nella mancanza del padrone e nella solitudine.

E’ difficile trattenere le lacrime davanti al desiderio di Hachiko di ritrovare il padrone, e difatti pochi lo fanno in sala, trasportati anche dal sapiente uso delle soggettive, che cambia da quello di Parker a quello di Hachi stesso, in bianco e nero. Il film tocca le corde del cuore di molti, insegnandoci l’amore,la compassione, l’irriducibile fedeltà.

Richard Gere si conferma un ottimo interprete di quel cinema ricco di dolcezza, sentimentalismo, dispensatore, con quel tocco di mistica religiosità, di principi sul vivere civile, sereno e rispettoso dell’altro.

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