Olio buono di Vicopisano

(Foto di Marco Salzotto)

ITINERARI TOSCANI LUNGO LE VIE DEI SAPORI

di Michele Marziani

Basta addentrarsi in qualunque città, borgo, paese della Toscana per incontrare un negozio, una bancarella, un’osteria, un’enoteca che ci dicono che qui le cose buone sono di casa. O che, comunque, la Toscana a tavola ha un posto d’onore nell’immaginario collettivo. È luogo da gourmand. Fa pensare a cose buone ed eccellenti come nessun altra regione italiana sa fare. Insomma, la Toscana come una sorta di marchio di qualità, di garanzia di buono, tipico e tradizionale.

C’è un’industria, una rete, legata al turismo del vino e del cibo, o più semplicemente al turismo tout court, che sostiene la toscanità dei prodotti del territorio. Questa è la grande fortuna della regione, ma anche il grande pericolo perché aumentando i volumi delle produzioni tipiche, non sempre si riesce a mantenere alta la qualità, a rispondere alle aspettative golose del viaggiatore, dell’appassionato, con prodotti all’altezza del “sogno” di chi li assaggia per la prima volta.

Quando buono fa rima con toscano

Questo è l’unico vero rischio della Toscana enogastronomica: che la tipicità sia data quasi per scontata. Come dire: è toscano, quindi è buono. Al contrario – e per fortuna – c’è un circolo virtuoso di piccoli produttori, artigiani, ristoratori, associazioni a difesa del gusto, che si basa sul presupposto opposto: è buono perché è toscano. Ovvero la regione, la sua cultura alimentare, le sue tradizioni, l’agricoltura, il paesaggio, la salvaguardia dell’ambiente sono alla base delle meraviglie gastronomiche che qui si possono trovare. E che vanno ben oltre quelle che tutti conoscono e apprezzano: al di là dell’olio extravergine d’oliva, dei vini del Chianti, dei pecorini di Pienza, della finocchiona, del prosciutto, della bistecca alla Fiorentina, del panforte di Siena.

Sapori a rischio

Anche nella Toscana dei buoni sapori, ci sono prodotti eccelsi, quasi archetipi del gusto, che rischiano di finire nel dimenticatoio, di scomparire perché non hanno avuto la fortuna di essere lungo le vie dei turisti e dei viaggiatori. O perché i produttori sono talmente piccoli che gli è addirittura impossibile immaginare un mercato diverso da quello locale. Mercato che fino a ieri poteva essere sufficiente, ma oggi non dà più da campare. Ad esempio la Fondazione Slow Food per la Biodiversità ha inserito più di trenta produzioni agricole e artigiane toscane nell’Arca del Gusto, nell’elenco delle cose buone da salvare sia perché non se ne perdano la conoscenza e il sapore, sia perché rappresentano un’alternativa sostenibile e di qualità ai modelli di agricoltura iperproduttiva e, alla fine, poco remunerativa.

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