Come recita un noto adagio, non si spara mai sulla Croce Rossa, così come sui preti. E il missionario protagonista di Io, loro e Lara, uscito in sala il 5 gennaio, incastonata per ragioni commerciali tra il cinepanettone (Natale a Beverly Hills) e la portaerei mangiasoldi (Avatar), è interpretato dal simpatico Carlo Verdone, che dopo anni di “macchiette” in tonaca nera, veste finalmente i panni di un religioso “moderno”, come personaggio principale di un lungometraggio.

La mozione degli affetti è continuata, poi, anche durante la conferenza stampa, tenutasi la mattina del 30 dicembre 2009 presso la sala grande del Warner Moderno a Roma. Il regista romano è stato brillante, bonario, romanista – mai accanito – molto a suo agio; ha ricordato la scomparsa, durante le riprese del film, del padre Mario Verdone, novantaduenne, persona di grande umanità, cineasta e critico assai rigoroso e competente, poeta e scrittore, autore di saggi importanti (rammentiamo L’artefice del film, ristampato da Carocci), nonché docente di Storia e Critica del Film all’Università di Roma La Sapienza, presso la cui cattedra molti – il sottoscritto in primis – hanno frequentato i corsi e sostenuto uno degli esami più appaganti dell’indirizzo umanistico.

Detto ciò, Io, loro e Lara è un filmetto al quale assegnare l’aggettivo “carino” senza troppo entusiasmo, e se si confronta alle ultime prove risulta senz’altro più interessante, ma anche scontato, melenso, e privo di particolari idee di sceneggiatura. Di ritorno dalla missione in Africa, Don Carlo Mascolo (Carlo Verdone) è demotivato, spaesato, s’interroga sul proprio ruolo e sul prossimo futuro; ritrova i familiari: la sorella Beatrice (Anna Bonaiuto), e il fratello Luigi (Marco Giallini) alle prese con l’anziano padre (Sergio Fiorentini), sessualmente rinvigorito dal fresco matrimonio con l’avvenente badante moldava Olga (Olga Balan), alla quale ha donato la bella casa romana in cui vive. Alla morte di costei, infartuata durante un amplesso, si scatena il dramma della famiglia borghese toccata nel suo bene più prezioso: la proprietà.

Tra i momenti migliori la scenetta del tentativo di seduzione del religioso da parte della psicologa, interpretata da Angela Finocchiaro, la quale è fortemente attratta da don Carlo per la sua incredibile somiglianza con il marito, recentemente scomparso per un attacco di cuore. E nell’ottimo cast, in cui la stellina Laura Chiatti non riesce a brillare, spicca la prova di Marco Giallini, nel ruolo di un bancario nevrotico e spregiudicato, un po’ cialtrone e, soprattutto, dedito alla cocaina. L’attore disegna il tipo più interessante del film. Ma è pur sempre una “macchietta”, tanto per tornare agli antichi vizi – e virtù – delle pellicole di Verdone.

L’epilogo è lieto, come ogni commedia che si rispetti, e intercalato da situazioni comiche ed equivoci divertenti che danno un po’ di sale a una vicenda piuttosto prevedibile. La storia, inoltre, è incorniciata da due piacevoli “cartoline”africane, che sottolineano il messaggio natalizio di pace e solidarietà che Verdone indirizza a tutti gli spettatori. Gliene siamo grati, gli vogliamo sempre un mondo di bene, e ricambiamo gli auguri.

Ci perdoni, però, Carlo, se con lui siamo sempre più esigenti, ma è che vorremmo di più da uno che è praticamente nato con la cinepresa in mano. Il Cinema vero, quello con l’iniziale maiuscola è un’altra cosa: è ancora quello delle splendide lezioni di papà Mario…

http://www.youtube.com/watch?v=yzdO0MgfmV8

You May Also Like

More From Author

+ There are no comments

Add yours