Roma, 1964. Guido è un regista italiano di successo internazionale che vive combattuto tra realtà e immaginazione, ossessionato dalle donne della sua vita e in preda al blocco dello scrittore, così oppresso dallo stress da non riuscire più neanche a respirare. Perennemente alle prese con la prima pagina del suo ultimo film, e non reggendo lo stress della sua vita romana, Guido si rifugia in un albergo di Anzio, cittadina di mare vicino Roma dove si fa raggiungere dalla sua amante Carla, che alloggia in una squallida pensione per non dare nell’occhio.
Pochi giorni dopo, però, verrà raggiunto anche dal suo produttore e da tutta la troupe, che provvederanno ad allestire il set all’interno dell’albergo. In un momento, tutti i problemi di Guido lo hanno raggiunto. Insieme a loro, sua moglie Luisa, ex-attrice sempre pronta ad annullarsi di fronte al genio del marito. Ricominciano anche le visioni della madre, i ricordi della prostituta Saraghina che, da bambino, lo aveva introdotto alla sessualità, le interviste provocanti della giornalista di Vogue Stephanie e la sua musa ispiratrice Carla, attrice di fama internazionale. L’unica che sembra poterlo aiutare è la sua amica e costumista francese Lilli, sempre comprensiva e affettuosa con il regista.
Dopo un vortice di emozioni e piccoli avvenimenti sconvolgenti, Guido finirà ‘mangiato’ dalla sua stessa immaginazione, divorato dal suo genio, perderà il suo film, sua moglie, le amanti, fin quando non rimarrà solo con Lilli, che saprà dargli i consigli migliori per tirarsi fuori da questa solitaria situazione.
Il Premio Oscar per l’indimenticato Chicago, Rob Marshall, porta sul grande schermo quello che definisce il proprio omaggio a Fellini, ma, nel suo tentativo coraggioso e ambizioso, finisce per onorare più il musical hollywoodiano che il genio di Rimini; del resto, lo stesso Marshall ha precisato che il suo film non è un remake, perché non si può fare il remake di un capolavoro.
La parabola narrativa viene mantenuta quasi intatta pur accentuando i vezzi e i vizi del protagonista, Guido Contini. Vi è qualcosa di profondamente luminoso nei numeri danzanti, nei colori accesi di costumi e scenografie. Nine è un musical, punto e basta; un musical alla Chicago, per intenderci, che fa ampio uso di effetti speciali, coreografie ad effetto, immagini d’impatto per raccontare la storia. L’Italia vista da Hollywood è ancora una volta un’Italia zeppa di clichè, dove tutti gli attori mischiano inspiegabilmente italiano ed inglese, ma questo ci fa un po’ sorridere.
Tecnicamente parlando Marshall dimostra ancora una volta di essere un vero e proprio ammiratore del genere, con attenzioni particolari rivolte alle luci, alle scenografie e ai costumi, ma con Nine, a differenza di Chicago, non è riuscito a scostarsi dall’opera teatrale, mantenendola eccessivamente ’statica’, troppo parlata. Le tante donne che ruotano attorno a Guido Contini, tutte distrutte dalla sua personalità perchè follemente innamorate, entrano ed escono attraverso piccoli camei. Ognuna di loro ha un ‘numero’ musicale, ma quasi nessuno di questi merita applausi o anche particolari attenzioni. Trattandosi di un musical sarebbe stato doveroso aspettarsi dei brani di grande impatto da consegnare alla storia, cosa che di fatto manca. A salvare il film sono quindi gli attori, oltre ad un bellissimo finale.
Il cast galattico di Nine ammicca al grande pubblico mentre indossa costumi sfavillanti, balla e canta sullo sfondo di un fondale maestoso che rappresenta il Colosseo e ci accompagna per le strade romane della Dolce Vita, tra lo stile glamour ed esuberante degli anni ’60 e le tinte calde della città eterna che fu contesa da paparazzi voraci, produttori irrompenti negli studi di Cinecittà, stilisti audaci, alfa siluriche e vespe bianche. Daniel Day Lewis è imperioso nella sua interpretazione, Penelope Cruz e Marion Cotillard fanno a gara di bravura e bellezza, Nicole Kidman, Sophia Loren e Judy Dench si accontentano invece di ruoli marginali ma riusciti. Per i piccoli ruoli, Marshall si è affidato a tutti attori italiani: Ricky Tognazzi, Valerio Mastandrea, Martina Stella, Elio Germano.
La critica è stata impietosa con questo film: forse perché il nostro sublime passato, se affrontato dagli altri, ci mette in crisi di fronte all’abisso insanabile d’idee e talenti in cui riversa il nostro cinema contemporaneo. Ma Rob Marshall, per un solo attimo, potrebbe aiutarci a ricordare come abbiamo vissuto e come vorremmo ritornare a vivere: “amando, ridendo, sognando”. Al cinema, con Nine, si può.
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