Dopo i lucchetti di “Tre metri sopra il cielo”, e il faro dell’isolotto francese Moint Saint Michel, simbolo del film “Scusa, ma ti chiamo amore” ecco che Federico Moccia ne firma anche il sequel, Scusa ma ti voglio sposare, tratto dal suo ennesimo libro, di ben 600 pagine. Per fortuna il film dura solo un’ora e mezza.
Fra un film e l’altro, c’è stata la parentesi di “Amore 14”, in cui Moccia racconta una generazione diversa, ancora più “ggiovane”, senza dimenticare la sua tanto cara Niki che appare in una sequenza mentre è alle prese con le prove dell’abito da sposa e tutta presa dai preparativi delle nozze. Un parallelismo che esprime l’attaccamento di Moccia al personaggio e alla sua storia sempre e comunque.
Com’è facilmente intuibile i protagonisti della pellicola restano i due inverosimili innamorati Alex e Niki – interpretati di nuovo da Raoul Bova, che più matura più diventa bravo e bello, e dalla giovanissima Michela Quattrociocche, molto carina ma ancora poco espressiva, nonostante gli sforzi. L’attore è tornato alla commedia sentimentale con molta soddisfazione e ha dichiarato a Diva e donna “I film di Moccia per me sono come una vacanza”, ribadendo in conferenza stampa che si è trovato molto bene sul set già dal primo capitolo.
In questo film i due protagonisti, alle prese con i difficili preparativi del matrimonio, sono circondati da una serie di comparse che ruotano attorno agli amici di lui e di lei (due gruppetti stereotipati: 4 quarantenni peter-pan, dongiovanni mollati dalle compagne, sfortunati in amore e 4 teenager tutti feste e spensieratezza) riciclati da vari programmi televisivi, come Floriana Secondi (GF), Francesco Arca (Uomini e Donne) o Andrea Montovoli (Ballando con le stelle), che dovrebbe essere la rivelazione del film, ma raffigura solo un belloccio coetaneo di Niki che la induce in tentazione e in ripensamenti prima del fatidico si.
Ma per fortuna ci sono anche dei gran bravi attori, come Pino Quartullo e Cecilia Dazzi, i due genitori moderni e “alternativi” di Niki, che acquistano molto più spazio nella trama del secondo film, coinvolti in prima persona nei preparativi del matrimonio della figlia maggiore. Questi due attori danno davvero il massimo, regalando al film molti momenti di pura commedia all’italiana, nel senso più alto del termine. In particolare Quartullo, vero animale da palcoscenico.
Infine, come non segnalare la simpatia e la bravura degli amici fraterni di Alex, i coprotagonisti di Bova: Enrico – Luca Angeletti, che ha già recitato con Raoul nel film di Roberto Burchielli “Sbirri” e conosciuto dal grande pubblico televisivo soprattutto per la fortunata serie di Rai Uno “Tutti pazzi per amore”. Nel film è il più romantico tra i 4 ragazzoni che, nonostante la figlioletta a carico, simboleggia bene l’intramontabile adolescenza che pervade tutto il film.
Poi c’è Pietro, il più scanzonato e donnaiolo fra i 4, refugium peccatorum dei suoi amici in crisi, interpretato da Francesco Apolloni (La verità vi prego sull’amore). Ne è passata di acqua sotto i ponti, dai primi passi in “Classe di ferro”; qui, infatti, porta tanta allegria e sense of humour, incarnando benissimo il Peter Pan che non vuole crescere e maturare.
Infine c’è Flavio – Ignazio Oliva, anche lui già visto in Scusa, ma ti chiamo amore. Interprete mai banale, appassionato di politica, attore, regista e produttore. Un personaggio davvero in gamba, versatile e credibile in ogni ruolo. Appare qui come l’uomo più sensibile, quello che soffre talmente tanto per amore da avere di attacchi di panico e crisi, da cui uscirà fortificato e maturato.
Comunque la storia ricalca il classico viaggio dell’eroe di Vogler: Mondo ordinario. L’eroe lascia un mondo per cominciare un viaggio, ed entra in un altro mondo -> Niki passa dall’adolescenza spensierata ad una consolidata storia d’amore. Richiamo all’avventura. La sfida, si stabilisce l’obiettivo e il percorso da fare. -> Alex chiede a Niki di sposarla. Rifiuto del richiamo. L’Eroe è riluttante, dice no, evita un evento. -> Niki manda a monte il matrimonio improvvisamente da un momento all’altro. Prova centrale. In genere c’è un rovescio di fortuna, temporaneo, che mette suspence. -> i due piccioncini fanno pace. Via del ritorno. Bisogno del ritorno, ma trasformato -> il lieto fine. Il matrimonio si avvera.
Il sequel prosegue sulla strada del romanticismo estremo di una storia d’amore a lieto fine, nonostante tutto e tutti, in cui i quarantenni si disperano per gli amori finiti e i ragazzini si struggono per l’amore assoluto. Strada tracciata già dal primo film allo scopo di portare in sala una favola, che come tale è surreale e fatta apposta per far sognare chi sceglie di andare a vederla. Insomma, una struttura semplice e lineare per una commedia diretta al pubblico preferito da Moccia, cioè quello composto prevalentemente dagli adolescenti ai ventenni, che vedranno sicuramente soddisfatte le loro attese.
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