Sono approdati a Roma, all’Auditorium Parco della Musica, Glen Hansard e Marketa Irglova, ovvero The Swell Season, il duo (chitarra acustica lui, pianoforte lei) protagonista del caso cinematografico-musicale di un paio d’anni fa: il film Once, che ha spopolato al botteghino dopo essersi affermato nel 2007 al Sundance Film Festival di Robert Redford.

Questa produzione indipendente a basso costo era diretta da John Carney, già bassista dei The Frames, il gruppo fondato da Hansard a ridosso dell’uscita del celebre The Commitments, film del 1991 sulla vivace scena soul-rock di Dublino.

È quindi evidente come gli intrecci amicali siano alla base del progetto portato sulle scene di mezzo mondo e, finalmente, anche da noi. Sul palcoscenico il duo è accompagnato da una robusta band che – forte di una consuetudine pluriennale – lo asseconda alla perfezione nel noto repertorio tratto dalla colonna sonora di Once, alternato a brani tratti dal nuovo lavoro, The Strict Joy.

Come si conviene alla divisione dei ruoli tra loro, l’istrionico Hansard fa la parte del leone, mentre la minuta Irglova offre il suo equilibrato contrappunto pianistico alle esuberanze del compagno artistico. Il quale sfodera il meglio della sua personalità a metà concerto, quando si piazza sul proscenio, al di là del microfono (e meno male che l’acustica della Sala Sinopoli fa egregiamente il suo dovere), per cantare Say it to me now, forse il suo pezzo più significativo – si tratta della struggente canzone con cui inizia il film e in cui Hansard esprime tutto il suo pathos di amante deluso in un crescendo disperato.

Durante l’esecuzione del brano, il fulvo e corpulento irlandese arriva a strappare il cavo di amplificazione della chitarra, scatenando l’ovazione del pubblico che in questo gesto un po’ teatrale legge il rifiuto del Nostro a tradire le origini di busker ispirato e squattrinato, anche ora che ha finalmente raggiunto il successo.

Di ciò Hansard fornisce la sua spiegazione, rivolgendosi ai fan in inglese: il successo è come un uccellino che si posa sulla tua spalla quando meno te l’aspetti. Ragion per cui il musicista ad un certo punto imbraccia una vecchia chitarra, con la cassa di legno tutta scrostata dai colpi di plettro inferti al culmine del coinvolgimento.

Prima e dopo, scorrono – condite da siparietti in cui l’innegabile simpatia del frontman irlandese la fa da padrone – Falling Slowly (premio Oscar 2008 come miglior canzone originale), If You Want Me (qui i riflettori sono tutti per Marketa), alternati con brani da The strict joy come Low rising, Feeling the pull e In these arms, per tornare dalle parti di Once con Fallen From The Sky, Trying to Pull Myself Away e ovviamente la title-track.
C’è spazio anche per il violinista Colm Mac Iomaire, che interpreta in modo molto personale un classico del folk irlandese, prima dei bis e del tripudio del pubblico che ha potuto godere di due ore piene di buona musica, interpretata con la giusta dose di onesta passione dall’insolita coppia boemo-irlandese.

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