Le Mine vaganti del regista turco non hanno più come sfondo il gazometro romano del quartiere Ostiense ma Lecce, la bianca e barocca città salentina. Le mine vagano per la Puglia come petardi improvvisi di capodanno o più insidiose frecce tirate senza arco. Letali per il perbenismo di provincia.

Segreti nascosti e sotterfugi di una società viziata che non fa più scandalo, tantopiù se fosse stato girato a Roma. Ed ecco che la provincia torna, ancora una volta, l’ennesima, nelle regie italiane quasi per stabilire un giusto equilibrio di sano scandalo, puro e doveroso, anche se temporaneo.

Un’impero (un pastificio pugliese) costruito apparentemente con sani principi morali e sgretolato nell’arco di un breve lasso di tempo dalle mine vaganti, i familiari dell’onorata impresa. Una commedia forse, amara ma non troppo.

Pur sempre commedia. Non c’è  tragicità degli eventi come nelle fate ignoranti né la storicità d’oppressione in la finestra di fronte. E’ agrodolce il sapore, mediterraneo come le splendide inquadrature della terra ospitante. Eppure si sorride, lo si cerca il sorriso, nel dramma, perché la commedia porta con sé il gusto e la parodia in un mix delicato. Si sorride perché ci appaga, ci conforta, perché in fondo i veri scandali sono fuori, sono altrove.

Il sentimento rende sempre giustizia e nonostante si svolga al sud (come fosse obbligato il binomio con arretratezza) finalmente Ozpetek si scrolla di dosso quel vittimismo delle minoranze oppresse,  siano razziali o sessuali. Sposta il baricentro verso l’esagerazione o meglio, l’esasperazione dei fatti: non uno, ben due i fratelli omosessuali, il grande segreto della saggia-confusa nonna (come nel bestseller di Susanna Tamaro), gli amici che sembrano macchiette gay, il poco equilibrio psichico-emotivo dell’unica amica, il solito cognato un po’ coglione.

Anche il cast è rinnovato: Riccardo Scamarcio, (poco credibile -forse volutamente?- nei panni gay, dove si appella per ben due volte nel film con il denigrante termine “frocio”, chissà perchè) Alessandro Preziosi, Nicole Grimaudo e la divertente sciroccata Elena Sofia Ricci, mentre per Ennio Fantastichini, già interprete in Saturno contro, l’inedito ruolo del rigido padre. Ma siamo in Puglia, mai come in questo contesto, azzeccato fu il detto. Tarallucci e vino. E le cose si sistemano.

Il tocco delicato dell’abile artista riesce sempre a trovare quella corda un po’ esposta, un po’ più fragile, un po’ sensibile e, seppur in maniera più lieve, a farla vibrare.

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