Negli azzurri mattini
le file svelte e nere
dei collegiali. Chini
su libri poi. Bandiere
di nostalgia campestre
gli alberi alle finestre.

Sandro Penna, Scuola [da Tutte le poesie, Milano Garzanti 1970]

L’indomabile coraggio di uno scolaretto

Il piccolo Nicolas e i suoi genitori (Le Petit Nicolas) Regia: Laurent Tirard  Cast: Maxime Godart, Valérie Lemercier, Kad Mérad, Sandrine Kiberlain, Michel Duchaussoy, François-Xavier Demaison, Daniel Prévost Distribuzione: BIM

Solo chi ha superato i cinquant’anni potrà ricordare la foto di rito davanti alla carta geografica, o quella che concludeva l’anno scolastico, nel giardino fiorito dell’istituto. E la faticosa preparazione dello “scatto” con gli alunni rigorosamente disposti in ordine di altezza.

Il sorriso non aveva bisogno d’alcun incoraggiamento. La classe, allora, era composta da una trentina di ragazzini – tutti  maschi – dalle ginocchia sbucciate e dai grembiuli corredati da fiocchi bianchi sempre freschi di bucato e di stiratura. Sotto lo sguardo lieto e severo del maestro rimpallavano le chiacchiere dei monelli, si spandeva nelle narici la fragranza delle ciambelle, e lo zucchero polverizzato delle brioche faceva venire l’acquolina in bocca. Finché un trillo improvviso zittiva la ricreazione…Queste sono solo alcune delle sensazioni che riporta alla memoria la visione de Il piccolo Nicolas e i suoi genitori, la gradevolissima commedia di Laurent Tirard (Le avventure galanti del giovane Molière) che in Francia ha già ottenuto il ragguardevole primato di più di cinque milioni e mezzo di spettatori, e che dopo la presentazione in chiusura della sezione “Alice nella città” dello scorso Festival di Roma, si appresta a entrare nelle sale italiane a partire dal 2 aprile 2010, speriamo con un successo altrettanto importante.

La pellicola traduce in immagini in movimento alcune delle avvincenti avventure di Le Petit Nicolas, un personaggio della letteratura umoristica per ragazzi realizzato da René Goscinny (l’artefice di Asterix) e illustrato da Jean-Jacques Sempé. È fin dal 1959 che quelle simpatiche storielle fanno la gioia dei bambini francesi e della casa editrice che le distribuisce. In Italia i racconti de Il piccolo Nicolas sono stampati da Donzelli Editore, che in occasione dell’arrivo al cinema ha curato un libriccino dallo stesso titolo del film contenente cinque storie inedite.  Il film illustra varie scene di vita quotidiana descritte dalla prospettiva visuale di Nicolas (il bravissimo Maxime Godart), un bambino di otto anni che narra in prima persona – e alla luce della propria “concezione del mondo” – gli accadimenti scolastici e familiari di cui è protagonista od osservatore.

Il gruppetto dei compagni, affiatato, ma piuttosto eterogeneo, è composto, tra gli altri, da: Alceste (Vincent Claude), il migliore amico di Nicolas, gioviale e grassoccio perché ha sempre qualcosa sotto i denti; Eudes (Benjamin Averty), forte e attaccabrighe, che molla cazzotti sul naso ai compagni che lo fanno arrabbiare, e da grande intraprenderà il mestiere di “bandito”. Geoffroy (Charles Vaillant) ama i travestimenti e le sbruffonate, vive con la famiglia – il papà è ricchissimo – in una casa signorile, ed è accompagnato a scuola in Rolls Royce dal maggiordomo. Rufus (Germain Petit Damico), invece, figlio di un poliziotto, possiede un talento unico per le stupidaggini. Joachim (Virgile Tirard) è un po’ appartato, soprattutto da quando è nato il fratellino, mentre l’occhialuto Agnan (Damiel Ferdel), il “secchione”, è benvoluto dalla maestra, ma è il più antipatico e indisponente di tutti, perciò viene canzonato con l’epiteto di “scarafaggio” e “spione”. Infine, Clotaire (Victor Carles), appassionato di ciclismo, è il peggiore della classe, ma è uno dei pochi che possiede la tv a casa. Sarà per questo che è così maldestro e stralunato?

Il film questo non lo dice, del resto nel periodo in cui si svolgono i fatti la télé è ancora rara nelle famiglie. La vita scolastica, però, corre sui binari di una piacevole “normalità”, con la dolcissima maestra dagli occhi azzurri (Sandrine Kiberlain) che interroga in matematica o sui fiumi. Durante le pause in cortile gli alunni sono sottoposti al vigile sguardo del bidello, il Signor Dubon (François-Xavier Demaison), detto “Il Gufo”, sempre pronto a riferire al Direttore (Michel Duchaussoy) le marachelle degli scolari. Accade talvolta che arrivi l’ispezione ministeriale, o che gli allievi vengano schierati “in mutande e canottiera” per la visita medica annuale, oppure che la maestra si ammali e sia sostituita da un’arcigna supplente.

Ma poi tutto passa e i ragazzini tornano alle occupazioni abituali, ai loro giochi, ai loro racconti e alle loro fantasie, a sospirare per la ragazzina bionda Marie-Edwige, a programmare gli incontri pomeridiani in un campo abbandonato vicino casa, e a organizzarsi in bande dalle parole d’ordine segretissime e… aperte a tutti.

Tuttavia, il piccolo Nicolas ha pure un debole per la sua famiglia che è senz’altro la migliore. Sua madre (Valérie Lemercier) è casalinga, forse un po’ brontolona, ma per Nicolas è la mamma più bella del mondo. Litiga spesso con il marito (Kad Mérad), il quale, tenta disperatamente di ottenere dal suo capo, il Signor Moucheboume (Daniel Prévost) l’avanzamento di carriera e, di conseguenza, il sospirato aumento di stipendio. Il padre di Nicolas è un ottimo genitore, e seppur sbadato e giocherellone, segue il figlio con affetto e attenzione, ricordandogli sovente di evitare di intraprendere, in futuro, l’esperienza matrimoniale. Ultimamente, però, nutre particolari premure per la moglie. I due si appartano, tubano come piccioncini, e da una conversazione intima e misteriosa giuntagli alle orecchie, il ragazzino evince che la madre aspetti un bebè. È un disastro. Arriverà, dunque, un fratellino che catturerà totalmente l’interesse dei genitori, che non potranno più occuparsi di Nicolas. E magari finiranno per abbandonarlo nel bosco come Pollicino…  Questo evento darà l’avvio a una serie di avvenimenti ed equivoci che provocheranno una serie di colpi di scena e di situazioni assolutamente comiche.

Ad accentuare il divertimento della messinscena di Laurent Tirard concorre la recitazione di tipi e caratteri decisamente demodé, che sebbene, da un certo punto di vista, risultino assai ancorati al contesto dell’epoca del boom economico (fine anni ’50 – primi ‘60), rimangono tuttavia sospesi in una vaga connotazione temporale che non può che aumentare l’atmosfera fiabesca delle vicende. Anche in tal senso si può intendere la forte vicinanza tra le gesta del piccolo Nicolas e le peripezie del nostro Gianburrasca, peraltro ambientate in Toscana nella società alto borghese dei primi anni del Novecento.  Com’è già avvenuto per lo sceneggiato televisivo Il giornalino di Gian Burrasca (regia di Lina Wertmuller) trasmesso in otto puntate tra il dicembre 1964 e il febbraio 1965, anche Le Petit Nicolas riesce egregiamente a coniugare l’innocenza e la leggerezza dell’universo infantile con l’incoerenza e l’ansiogena confusione del mondo adulto. Questo continuo gioco speculare rende avvincente il lungometraggio sia per i recettori delle scuole primarie, a cui il film è principalmente indirizzato, che per i loro genitori, i quali, potranno ritrovare parecchi momenti di nostalgica riflessione. Ecco perché troviamo particolarmente azzeccato il titolo Il Piccolo Nicolas e i suoi Genitori della versione italiana, supportata stavolta da un doppiaggio veramente azzeccato.  Naturalmente, la vocazione fiabesca del film conferisce ulteriore serenità a una storia che descrive uno spaccato sociale privo di conflitti di classe o generazionali, avulso dalla violenza fisica e verbale, in cui le mode e le tendenze, gli usi e i costumi, non sono ancora determinati dalle ingerenze del mezzo televisivo.

Lo sguardo degli spettatori sarà, inoltre, conquistato dall’ingenuità dei comportamenti e dei linguaggi, compassati o innocui i primi quanto garbati i secondi, senza che ciò provochi dissonanza, stupore. La Francia di quel periodo fittizio e idealizzato che potrebbe (è d’obbligo il condizionale) corrispondere alla fine degli anni Cinquanta – e parallelamente anche il nostro Paese – è ancora un luogo a misura d’uomo, anzi, di bambino, in cui il tempo scorre lentamente, al ritmo delle stagioni. Si collezionano francobolli o figurine, si gioca con le biglie di vetro e con i trenini elettrici, si leggono romanzi d’avventura e i primi fumetti; ma si vive anche molto all’aperto, dove i ragazzini sono intenti nell’esplorazione di grandi distese verdi ancora presenti all’interno e in prossimità dei centri urbani: scenario irripetibile per ogni attività dettata dall’immaginazione.

I conflitti, del tutto sfumati, forniscono perciò materia preziosa per gustosi quadretti umoristici in cui trionfano gaffe e malintesi, come avviene durante le numerose vicissitudini scolastiche o casalinghe, e durante i frequenti battibecchi tra i genitori di Nicolas, con la madre, l’eccellente Valérie Lemercier, che si cimenta nelle lezioni di guida, tenta di emanciparsi culturalmente con lo studio di impronunciabili poeti scandinavi del XIII secolo, oppure cede al panico durante la cena organizzata a casa, ospiti il Signor Moucheboume e la sua consorte. Anche Kad Mérad (Giù al Nord), ha modo di sfoggiare la sua simpaticissima maschera in svariate sequenze comiche in ufficio, a casa, o negli scontri verbali con il solito vicino impiccione.

I critici hanno già accostato questo gustoso diario per immagini a Zero in condotta di Jean Vigo e a I 400 colpi di François Truffaut, a La guerra dei bottoni di Yves Robert e a Il fantastico mondo di Amélie di Jean-Pierre Jeunet. Sicuramente i temi e i motivi, le atmosfere o altre affinità con tali illustri esempi della cinematografia non mancheranno, ma a noi non rimane che sottolineare la valenza didattico-educativa de Il Piccolo Nicolas e i suoi Genitori, specialmente in un periodo quale quello attuale, in cui i toni delicati e le tinte pastello, i sentimenti e l’onestà morale, le emozioni contenute in un libro e la poesia, l’ironia e l’intelligenza, sembrano divenuti orpelli di un lontano passato, se non addirittura disvalori dai quali estraniarsi. Magari lasciandosi ipnotizzare da un reality show.

Estratto da PRIMISSIMA SCUOLA n.3-4 aprile 2010

You May Also Like

More From Author

3Comments

Add yours

+ Leave a Comment