Gli inquilini del garbatissimo film Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio, diretto da Isotta Toso e appena uscito nelle sale, sono strani e litigiosi. Cartine di tornasole al vetriolo della società di oggi.
La portinaia napoletana Benedetta lustra e strofina l’ascensore tutto il giorno. C’è però l’irriducibile Gladiatore [la rivelazione del film Marco Rossetti] che ci piscia dentro, fa disegni osceni e dissemina cicche dappertutto. Insomma, la convivenza tra i condomini, italiani e stranieri, dello stabile umbertino è – a detta della regista in dolce attesa – «un mosaico di dispetti e drammi, malintesi e malanni».
La signora Fabiani/Milena Vukotic, per esempio, maltratta la domestica portoricana Maria Cristina, ma ama visceralmente il suo cane-mignon. L’iraniana Nurit/Serra Yilmaz, invece, è un’anima in pena perché non le viene riconosciuto lo status di rifugiata politica. Marco [Daniele Liotti] e la fidanzata Giulia/Kasia Smutniak sono una coppia di trentenni annoiati. Infine, Amedeo [Ahmed Afiene], il più buono, è però accusato dell’omicidio del Gladiatore…
Il film distribuito da Bolero è «un bel tradimento» rispetto al romanzo eponimo dello scrittore algerino Ahmara Lakous (edizioni E/O). Senza dubbio più buonista, sfronda i luoghi comuni razzisti del noir. Un esempio su tutti, la battuta ‘epurata’ del barista romano Dandini [lo stentoreo Francesco Panoffino] sui musulmani degni di rispetto «perché amano le donne come gli stalloni romani» (e, ma questo solo nel libro, mal digeriscono «i froci»).
Toso – regista al suo esordio – vaglia anche qualche ‘perla’ di inurbanità comportamentale della portiera napoletana Benedetta che teme «i clandestini perché portatori di malattie contagiose», o «gli immigrati arricchiti, tutti spacciatori di droga».
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