La vita è così bella e non voglio assolutamente che cambi.
Nicolas
Incontriamo il regista de Il piccolo Nicolas e i suoi genitori dopo la proiezione stampa al Cinema Quattro Fontane di Roma. È un uomo alto e magro, sui quarant’anni, visibilmente soddisfatto per il gradimento mostrato per il film da parte della platea dei giornalisti, che lo accolgono con ampi sorrisi. Il tempo di accomodarsi e di ricordare l’uscita della pellicola il prossimo 2 aprile in 250 copie, e ha inizio la raffica delle domande.
Qual è il segreto della longevità e del successo di questo genere di racconto?
Il successo è dovuto essenzialmente al talento di Sempé e Goscinny che hanno saputo riportare il pubblico nel mondo dell’infanzia. Ognuno s’identifica in questo misto d’ironia e di poesia, è uno sguardo che è al contempo ad altezza di bambino e ad altezza di adulto. Capita, difatti, che l’adulto abbia uno sguardo di superiorità rispetto all’infanzia, ma non è questo il caso, visto che abbiamo non solo cercato di collocare la macchina da presa al livello dei bambini, ma anche di raccontare attraverso la loro prospettiva visuale.
È difficile lavorare con i bambini?
Sì è complicatissimo, ma è anche appassionante, magico. Nel casting abbiamo visionato centinaia di ragazzini, alcuni già con esperienze di recitazione, ma abbiamo scelto altrimenti, privilegiando la spontaneità. Naturalmente i piccoli attori possiedono una concentrazione a orologeria e possono arrivare al massimo a quattro ore. Ci vuole un’infinita pazienza: è come costruire la Torre Eiffel con i fiammiferi!
La collocazione temporale è una causa importante del successo del film?
In realtà ci eravamo posti il problema di un’eventuale ambientazione contemporanea, ma poi anche in accordo con i libri abbiamo deciso di collocare la storia in un’epoca e in un mondo assolutamente fittizio. La somiglianza con gli anni Cinquanta riguarda forse certe atmosfere, ma ribadisco che si tratta solo una metafora di un mondo idilliaco, privo di violenza e conflitti sociali. Del resto, già all’uscita (nel 1959 n.d.r.) le storie illustrate apparivano datate, magari riferite all’infanzia degli autori, ovvero agli anni Trenta.
Le foto al principio e al termine del film incorniciano idealmente il periodo dell’infanzia di ogni spettatore, oppure rappresentano l’ingresso e l’uscita dal mondo fiabesco di ogni individuo?
Sicuramente possono rappresentare entrambe le metafore. Il primo motivo d’ispirazione è stato proprio la “storia” della foto di classe. La scena dell’inizio è rappresentativa del caos dei bambini e del tentativo degli adulti di riportarli all’ordine. È l’eterno gioco delle parti: imbrigliare l’infanzia equivale, però, a imbrigliare la creatività. Nella foto in coda al film, invece, la situazione è più tranquilla e l’epilogo regala un primo piano di Nicolas che può finalmente rispondere al quesito sollevato dal tema proposto dalla maestra all’inizio del film: da grande farà ridere la gente!
Che dice a proposito del tema dell’angoscia del figlio unico per l’arrivo di un nuovo fratellino?
Si tratta di un tema universale che riguarda un’idea di sceneggiatura, quindi è del tutto assente nei libri dedicati a Nicolas. Anche in un film fiabesco si può ricorrere a un argomento di sicuro angosciante, ma decisamente reale. La perdita della leadership degli affetti familiari è vissuta dal primogenito spesso in maniera assai conflittuale, ma ciò è del tutto naturale…
Possiamo attenderci a breve un altro episodio di Nicolas, l’inizio di una saga, una sorta di Antoine Doinel per Bambini?
Nicolas rappresenta l’antitesi di Antoine Doinel perché ne I 400 colpi Truffaut mostrava la società con estremo realismo. Le Petit Nicolas, invece, è una fiaba che tratta i problemi con assoluta leggerezza. Non credo, inoltre, che sia proponibile un seguito a questo film. Non è come con Harry Potter di cui seguiamo, episodio dopo episodio, la crescita. È una magia irripetibile: Nicolas non può crescere, è cristallizzato nel suo mondo ideale. Certo, il materiale per raccontare altre storie ci sarebbe, eccome, ma andrebbe girato tutto daccapo con un altro protagonista e altri piccoli attori.
Provi a immaginare il piccolo Nicolas oggi. Potrebbe sopravvivere alla volgarità del nostro tempo, o ne rimarrebbe schiacciato, emarginato?
Anche se oggi ci sono dei piccoli Nicolas qua e là, moltissimi ragazzini si immedesimano, s’identificano con il protagonista o con qualcuno dei suoi compagni. Certo la società è parecchio cambiata, così come il linguaggio, le abitudini, i vestiti, le mode… ma sì, comunque qualche Nicolas in giro c’è ancora!
Una domanda stupida, forse. E la sua infanzia? Le manca?
Non è assolutamente una domanda stupida. È stato proprio il ritorno al passato, l’elemento nostalgico, la molla che mi ha indotto a realizzare questo film. Se mi manca quel periodo? Beh, ho passato un’infanzia normale, con momenti felici e altri tristi, ma più che altro mi ha deluso il fatto che i miei sogni di bambino non si siano assolutamente realizzati.
Nel cast appare anche Virgile Tirard. È suo figlio?
È vero. Lui ha voluto partecipare a quest’avventura sostenendo un provino, durante il quale, per ovvi motivi, ero assente. L’ha superato e ha imparato a memoria il suo monologo. Nel cast ha avuto un ruolo marginale, infatti recita la parte di Joachim, il ragazzino a cui nasce un fratellino che mostra in carrozzina ai suoi compagni di classe, verso la fine del film. Ha trascorso comunque una settimana sul set, e penso sia stata un’ottima esperienza per lui.
È vero che girerà il prossimo episodio di Asterix? E la scena del calderone nel campo abbandonato è premonitoria? E ci sarà Depardieu?
Certo, molti mi hanno ricordato quella scena in Le Petit Nicolas, ma è stata assolutamente casuale. Per quanto concerne Asterix, devo confessare che Anne Goscinny (la figlia di René Goscinny, l’autore dei racconti sul monello francese n.d.r.) me l’ha proposto, perché l’ultima versione non gli era affatto piaciuta. Depardieu non lo conosco personalmente, e inoltre, io vorrei cambiare molti dei protagonisti, ma per il momento non posso confermare nulla…
Estratto da PRIMISSIMA SCUOLA n.3-4 aprile 2010
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