Soltanto una canzone?

Tutte le sere

sotto quel fanal
presso la caserma
ti stavo ad aspettar.
Anche stasera aspetterò,
e tutto il mondo scorderò
con te Lili Marleen,
con te Lili Marleen
.”
Lili Marleen

Regia: Rainer Werner Fassbinder

Cast: Hanna Schygulla, Giancarlo Giannini, Mel Ferrer, Karl Heinz von Hassel, Udo Kier, Christine Kaufmann, Elisabeth Volkmann

Distribuzione: Filmaker’s magazine

Lili Marleen è la storia di una canzone. Una canzone sentimentale e melanconica, un motivetto orecchiabile che riuscì a portare sollievo non solo a sei milioni di soldati tedeschi, ma ai combattenti di ogni fazione impegnata sui fronti di battaglia della seconda guerra mondiale. Il melodramma di Fassbinder è ispirato all’autobiografia romanzata della cantante Lale Andersen, ribattezzata Willie Guntenberg (Hanna Schygulla) per il grande schermo.

La ragazza, seppur non particolarmente dotata, vanta comunque l’ambizione di affermarsi nel mondo dello spettacolo. Nel 1938, a Zurigo, dove si esibisce in un repertorio “leggero”in vari localini, e davanti a un pubblico internazionale, ella vive un’intensa storia d’amore con il pianista Robert Mendelsson (Giancarlo Giannini), un uomo appartenente a una ricchissima famiglia, di tanto in tanto impegnato in viaggi in Germania per favorire l’espatrio di ebrei dalla dittatura nazista.

Espulsa dalla Svizzera a causa dei debiti e dell’intervento di David Mendelsson (Mel Ferrer), il padre di Robert, il quale non concepisce l’idea di un’ariana tedesca in casa, Willie finisce sotto l’ala protettiva dell’influente generale delle SS Henkel (Karl Heinz von Hassel), il quale la incoraggia a incidere un disco. Sarà un breve testo in versi composto nel 1915 dal poeta tedesco Hans Leip, soldato nel primo conflitto mondiale, e intitolato La canzone di una giovane sentinella a diventare appunto, Lili Marleen, che inizialmente non riscuoterà il successo sperato.

Inoltre, lo stesso dottor Goebbels, il famigerato ministro della propaganda e dell’informazione del III Reich, ne aveva osteggiato la diffusione ritenendo la canzone disfattista e demoralizzante, e definendola “una caramella con il sapore di una danza macabra”. Tuttavia, per uno scherzo del destino, quel vinile giunse a Radio Belgrado, emittente controllata da Berlino, che la mandò in onda il 18 agosto 1941, e ne fece la sigla di chiusura dei programmi serali. Fu un successo immediato, prima fra le truppe tedesche, poi tra quelle alleate. La grande Marlene Dietrich – questo, però, il film non lo dice – esule negli USA, diversi mesi più tardi interpretò la ballata per i soldati americani. Se ne ebbero ben 48 versioni, una anche in italiano, segno della sconfinata popolarità di quelle note.

Il trionfo di Willie viene suggellato dal consenso di Hitler in persona che la eleva a icona della propaganda nazista, le dona un appartamento lussuoso, e i privilegi che il suo rango richiede. Nel contempo, viene pedinata strettamente dalla Gestapo, che così catturerà Robert, dopo una notte d’amore trascorsa con la cantante. Per accertarne le eventuali responsabilità la Resistenza chiede allora all’artista informazioni sui campi di concentramento. In questi frangenti il regista bavarese si ritaglia una particina (alla Hitchcock) nei panni di Gunter Weisenborn, il capo degli oppositori al nazismo in Germania.

Ma le SS scoprono il tradimento della cantante, e dopo aver – inutilmente – vietato la riproduzione radiofonica di Lili Marleen preparano l’eliminazione di Willie. Senonchè lei ha già tentato il suicidio; ma la propaganda antinazista diffonde ad arte la notizia che il regime l’ha imprigionata in un lager. Questo stratagemma le salverà la vita. Nel frattempo Robert è rientrato in Svizzera grazie a uno “scambio” effettuato da David Mendelsson con la polizia segreta tedesca. Dopo qualche mese la guerra è finita. Willie torna a Zurigo dove l’amato è divenuto un importante direttore d’orchestra. E ha sposato Marika (Elisabeth Volkmann), una sua compagna d’infanzia…

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Ritorna, dunque, uno dei grandi capolavori di Rainer Werner Fassbinder (1945-1982). Nelle migliori librerie e videoteche, il nuovo numero di Filmaker’s magazine dedicato al regista tedesco, intitolato Dormirò quando sarò morto, in abbinamento al DVD Lili Marleen: un ritratto d’autore, un’analisi del film e un approfondimento monografico su cinema e totalitarismi. Ed è nuovamente una sorpresa ammirare lo splendore di Hanna Schygulla (Il matrimonio di Maria Braun), amica di vecchia data e interprete preferita di Fassbinder, e rimanere sbalorditi dalla colorata ricchezza scenografica, dalla parodia che incrina la seriosità stereotipata di molte pellicole sul nazismo.

Di certo, Lili Marleen (1981) non è un film perfetto, e la messinscena d’impianto teatrale non pretende di imporsi per il pathos o per la precisione della ricostruzione storica, in quanto l’interesse primario dell’autore è quello di descrivere in forma di metafora la decadenza della società, la perdita dell’anima tedesca in seguito al nazismo, il senso di colpa per l’olocausto e il desiderio di espiazione, che non riesce a placare la coscienza e l’umore di una persona ipersensibile, quale lo stesso Fassbinder era. Un artista geniale e “maledetto”, incline alla dissipazione del proprio talento e all’inevitabile autodistruzione, che puntualmente – troppo presto – si è realizzata, lasciando il cinema e tutti gli uomini di spirito decisamente più poveri…

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