La vita è una sceneggiatura che ha meno varianti di un buon film western

Sam Peckinpah

Rango

Regia: Gore Verbiski – Distribuzione: Universal

Un camaleonte alla conquista del West

Solo gli ultraquarantenni svezzati con scodelle di pastasciutta, cresciuti con le melodie di Mina e Lucio Battisti, e ipnotizzati dal “coloratissimo” bianco e nero di Carosello potranno ricordare Gringo, il mitico pistolero testimonial di una nota marca di carne in scatola. Presentato da un’efficace musichetta country, da un azzeccato coretto virile e da una grafica stile western, misto di animazione e foto, con immancabile voce off in rima, egli giungeva a castigare il perfido Black Jack e, allo scoccare delle 12, “il mezzogiorno di cuoco”, a magnificare le qualità del manzo in lattina.

Gringo, appunto, espressione pubblicitaria del cowboy all’italiana, popolarissimo tra la metà degli anni Sessanta e la metà del decennio successivo, ispirato alla canzone di Adriano Celentano Ringo (cover dell’omonimo pezzo di Lorne Greene), può essere considerato l’antesignano ideale di Rango, l’eroe squamoso che la Paramount Pictures si appresta a presentare nelle sale a partire dall’11 marzo prossimo.

Ottimamente diretto da Gore Verbiski – già autore della saga Pirati dei Caraibi – al debutto nella regia di un cartoon, Rango è certamente destinato a diventare il lungometraggio di riferimento del genere western animato. Non solo perché la prestigiosa Industrial Light & Magic, nota compagnia di effetti visivi, si è occupata del film, ma anche perché la voce del protagonista (Johnny Depp) e degli altri attori-doppiatori (Isla Fischer, Abigail Breslin, Alfred Molina, Bill Nighy, Ray Winstone…) sono state registrate insieme, come in una recitazione dal vivo, e il risultato della versione in lingua originale ne trae un evidente beneficio in termini di coralità.

L’antefatto si svolge all’interno di un terrario in vetro trasportato nel retro di un’automobile in viaggio attraverso il deserto Mojave, in California. Rango, uno strano camaleonte in crisi d’identità, in compagnia del torace e del braccio destro di una Barbie, e di un pesce di plastica, s’interroga su se stesso: “Chi sono io? Eroe, attore, o che altro?”. Non c’è molto tempo per la risposta dal momento che il terrario viene sbalzato sull’asfalto e finisce in frantumi. Salvatosi per un pelo da un probabile investimento, il piccolo rettile si rifugia ai margini dell’autostrada, e su consiglio di un armadillo ferito da un veicolo decide di affrontare il deserto per arrivare in un fantomatico villaggio del Vecchio West.

Il caldo e la vistosa camicetta hawaiana ne fanno una preda allettante per qualunque cacciatore. Difatti, sfugge miracolosamente a un falco prima d’incontrare Miss Borlotta, una coraggiosa lucertola proprietaria di un ranch ereditato dal padre, e pervenire alfine a Dirt, cittadina assolata e polverosa funestata da una siccità biblica. Spossato e assetato Rango entra in un saloon affollato da un variegato bestiario antropomorfo, in prevalenza originario dell’ecosistema desertico: scorpioni e porcospini, fenicotteri e ratti di cactus, iguana e maiali, rospi e salamandre, volpi rosse e corvi di Chihuahua. Il nuovo arrivato è il benvenuto, purché non chieda acqua. Allora, con un succo di cactus in mano, Rango inizia il proprio panegirico che giunge rapidamente all’apoteosi allorché arriva ad attribuirsi l’uccisione dei sette fratelli Jenkins con un’unica pallottola!

Neanche il tempo di rendersi conto di quanto l’abbia sparata grossa che il falco predatore di prima lo punta decisamente costringendolo a una fuga concitata attraverso i vicoli e le stradine del paese: chi insegue chi? Per sua fortuna Rango finisce per mettere fuori combattimento definitivamente il pericoloso rapace, così la popolazione può festeggiarlo come un vero eroe. Inoltre, il losco sindaco di Dirt, una vecchia tartaruga, lo blandisce nominandolo sceriffo. “Controlla l’acqua e controllerai ogni cosa!”, sentenzia maliziosamente il primo cittadino.

Lucidata la stella, e adeguato il proprio look all’incarico ricevuto, Rango assiste a una specie di balletto rituale che precede il rifornimento dell’acqua, come ogni mercoledì allo scoccare del mezzodì; ma stavolta dal rubinetto sgorga solo fanghiglia. Nemmeno in banca ci sono più “liquidi” a sufficienza. E le pur scarse riserve di lì a poche ore verranno trafugate da ignoti. Perciò lo sceriffo organizza una battuta di caccia ai ladri inseguendoli al galoppo sul magnifico sfondo della Monument Valley. Nonostante le apparenze la retata non sortisce esiti positivi, cosicché la popolazione mostra sempre più il proprio malcontento destinato a svilupparsi ulteriormente allorché Jake Sonagli, un orrendo crotalo richiamato dal sindaco, tornerà a minacciare la cittadina umiliando e scacciando il povero camaleonte.

Rango ritrova così l’autostrada che l’aveva catapultato nell’avventura. Depresso e stordito si abbandona alla più cupa disperazione, e a una notte popolata da mille incubi. Dall’altra parte della carreggiata, nella luce accecante del mattino, solo le parole dello Spirito del West (il fantasma di Clint Eastwood?) e la comparsa del “carro di alabastro” lo convincono a rientrare nel mito. Rango dovrà recuperare l’acqua per salvare i cittadini di Dirt, e il proprio onore; allora potrà ritrovare finalmente se stesso, perché nessuno può tirarsi fuori dalla propria storia. Dunque, sfiderà l’orribile serpente al rintocco del mezzogiorno, non prima di aver elaborato un folle piano: funzionerà?

È quanto scopriranno gli spettatori, piccoli e grandi, che si recheranno al cinema a godersi le bislacche avventure di questo simpatico camaleonte, sovente apostrofato, suo malgrado, come lucertolone. I bambini saranno conquistati dalla varietà dei personaggi e dal continuo susseguirsi dei colpi di scena, dall’itinerario di formazione intrapreso dal giovane eroe, e dalla tensione drammatica suscitata dai malvagi. Gli adulti, invece, troveranno vari motivi di divertimento nell’ironia e nell’orgia di citazioni cinefile che compaiono nelle sequenze del lungometraggio, tra le quali non possiamo dimenticare quella dell’attacco aereo dei pipistrelli sulle note della Cavalcata delle Valchirie.

Un discorso a parte merita il quartetto di spassosissimi gufi mariachi, i quali, ricoprono la funzione di coro e voce narrante, sottolineando con spiritosi intermezzi musicali i momenti salienti della vicenda, magistralmente commentata da Hans Zimmer (Il Re Leone, Il gladiatore, La sottile linea rossa, L’ultimo samurai, La maledizione della prima luna, Batman Begins e Inception sono solo alcuni dei titoli musicati dal geniale compositore tedesco) che ricalca abilmente gli stilemi del western classico e di quello “all’italiana”. Tra le canzoni, da non perdere Rango Theme Song, struggente ballata – che passa sui titoli di coda – eseguita dai Los Lobos (noti per la loro versione de La Bamba) in cui non è difficile scorgere echi di Rawhide e sonorità di Ennio Morricone.

Con quest’eccellente realizzazione Verbinski da un lato rafforza la sua collaborazione con Johnny Depp, il quale dà vita a un personaggio, Rango, che per vari aspetti ne rappresenta la versione animata, ricalcandone l’andatura e una certa surreale espressività, al punto da potersi ritenere una sorta di alter ego dell’attore americano. Dall’altro, il regista californiano ribadisce il diritto del genere western a rimanere nel mito della cinematografia attraverso un messaggio sofisticato che paventa il pericolo che esso possa finire divorato dalla modernità. L’autostrada che delimita il mondo della leggenda da quello contemporaneo rappresenta la riuscita metafora di tale destino.Dunque,  non rimane che percorrere fino in fondo quella strada che conduce all’oblio delle vecchie tradizioni. Altrimenti, si rischia di venir schiacciati inesorabilmente dal tempo che corre. Oppure, si rimane fuori, senza speranza, in un vuoto dove l’eroe non ha più ragione di esistere.

Estratto da PRIMISSIMA SCUOLA n.1 febbraio-marzo 2011

You May Also Like

More From Author

+ There are no comments

Add yours