Habemus Papam di Nanni Moretti

Habemus Moretti! È il grido di gioia in cui il cinefilo ultramorettiano che è in noi prorompe ogni volta che esce un film del regista romano – anzi, di Roma nord. Merce rara, pregiata come un vino millesimato, che come il vino migliora invecchiando. Più coerente delle sue prove precedenti, la pellicola nasce e si sviluppa attorno a un soggetto forte e originale: cosa succede quando siamo investiti di un compito più grande di noi? Come affrontiamo il senso di inadeguatezza, la paura delle responsabilità?

L’azione si svolge dietro le quinte di una delle istituzioni più impenetrabili del mondo contemporaneo: il Vaticano. Di cui però a Moretti non interessa raccontare aspetti come l’attitudine all’intrigo o la gestione del potere: lo sguardo pieno di pietas del cineasta si sofferma sul dramma di un uomo destinato per imperscrutabili disegni ad ascendere al soglio pontificio.

Superlativo nel ruolo il grande Michel Piccolì, classe 1925, uno di quei nomi che si identificano con il cinema tout court. I silenzi attoniti e le pause sgomente del piccolo grande Michel sono cruciali per la riuscita del film, che si avvale di uno stuolo di magnifici comprimari: da Renato Scarpa a Franco Graziosi, nel ruolo del cardinale protodiacono a cui spetta pronunciare il fatidico “Nuntio vobis gaudium magnum…” – mirabilmente, con una piega della bocca esprime tutto lo sconcerto dell’alto prelato al momento del verificarsi del paradossale –, da Jerzy Stuhr a Margherita Buy.

È nota l’abilità di Nanni nello scegliere e dirigere i suoi attori, di cui peraltro è ben diverso il peso specifico nell’economia dell’opera: il polacco, azzeccatissimo nel ruolo dell’addetto stampa/deus ex machina del Vaticano (si agita, sbuffa, suda, si dispera sinceramente per quel neo-Papa che lo fa impazzire), porta sulle sue spalle una buona parte della accorta sceneggiatura di Francesco Piccolo e Federica Pontremoli.

Per la Buy, invece, si tratta di una “amichevole partecipazione”, anche se il suo ruolo è importante perché rappresenta il contesto umano, familiare, nel quale prende forma la decisione finale con cui il papabile cardinale Melville scioglierà il proprio dilemma.

Sono meravigliosi anche gli altri membri del più fantasioso e simpatico conclave mai esistito, da Harold Bradley a Roberto Nobile, il quale – a margine della conferenza stampa – ci ha raccontato della straordinaria atmosfera vissuta sul set, degna quasi di un circolo platonico.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=j4b1h7dbmu8&feature=player_embedded#at=83[/youtube]

Tornando alla meticolosa scrittura filmica, se ne apprezza la capacità di tenere insieme i temi universali contenuti nel grandioso affresco messo in scena dalla troupe tutta (sontuosa la scenografia di Paola Bizzarri) e il catalogo dei tic e delle passioni morettiane, che è ciò che ci fa amare il lunatico Nanni: in “Habemus Papam” ritroviamo sapientemente dosati i riferimenti allo sport – lo psicanalista da lui stesso interpretato allestisce un surreale torneo di pallavolo tra i cardinali in attesa – come a certa romanità deteriore (il barista cinico che vieta l’accesso alla toilette, la leggenda metropolitana dei medicinali reperibili solo nella farmacia del Vaticano); ai giornalisti cialtroni e impreparati come alla musica latino-americana – qui la stupenda “Todo cambia”, cantata da Mercedes Sosa, fa da colonna sonora ai tormenti del “giovane” Papa.

Alla fine dell’anteprima-stampa, la conferenza si è aperta all’insegna del più classico “mi si nota di più se vengo o se non vengo?”: Moretti ha candidamente ammesso di averla decisa all’ultimo perché provato dal post-produzione. Si è poi concesso ampiamente alle domande di critici e giornalisti, anche del web (da lui stesso citati), senza però poter prevedere – è notizia di oggi – la pubblicazione su “L’Avvenire” di un patetico invito a boicottare questo delicato e delizioso film, umano, troppo umano per poter essere compreso da chi è dedito al culto del Potere.

You May Also Like

More From Author

+ There are no comments

Add yours