A metà strada fra commedia e docu-dramma, Offside, un film girato nel 2005 dal grande regista iraniano Jafar Panahi, e che solo oggi giunge nelle nostre sale, racconta le vicende di un gruppo di ragazze – stupendamente descritte in fragilità e vigore – che si travestono da uomini per cercare di entrare allo stadio di Teheran ed assistere ad una storica partita con cui la nazionale di calcio iraniana si qualificherà (fatto vero) ai mondiali di calcio 2006, battendo il Barain per 1-0.

Scoperte inesorabilmente dalla polizia sguinzagliata ovunque, le ragazze vengono fatte prigioniere ed isolate in un recinto proprio fuori dagli spalti, messe dunque in “fuori gioco” (l’offside del titolo con doppio senso calcistico) e guardate a vista da un gruppo di agenti intrisi di paure e pregiudizi, con i quali condividono la sorte di non poter vedere lo spettacolo.

Da questa situazione “limite”, Jafar Panahi, condannato il 20 dicembre scorso a 6 anni di reclusione con divieto di dirigere, scrivere e produrre film, viaggiare e rilasciare interviste sia all’estero che in Iran per 20 anni, trae spunto per una riflessione seria ed ironica al tempo stesso: da un lato, le ragazze subiscono una doppia discriminazione, quella di non poter entrare allo stadio (luogo non consono alle donne perché gli uomini vi si abbandonano ai più biechi istinti) e quella delle vessazioni subite dai bagarini (che fanno loro pagare il biglietto il doppio che ai maschi) e dalle guardie (che sequestrano ed utilizzano i loro cellulari per chiamate private), dall’altra tutti quanti (uomini e donne) si trovano sulla stessa barca, quella della odiosa soggezione, da parte di un governo retrivo e tirannico, a regole antiquate ed invise al popolo, quegli iraniani vitalissimi e culturalmente avanzati che nel 2008 hanno dato vita alla Rivoluzione Verde per lottare contro i risultati delle ultime elezioni.

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Seguendo la sorte di quasi tutte le pellicole di Panahi, anche il film “Offside”, premiato a Berlino 2006 con l’Orso d’Argento, Gran Premio della Giuria, è stata proibito in Iran e soltanto oggi viene finalmente distribuito in Italia dalla Bolero.

Nel finale sospeso, dove i festeggiamenti per la vittoria della nazionale si mescolano alle istanze di libertà delle ragazze, il regista sembra evidenziare, con il tocco emozionante di un maestro, la similitudine fra la ‘questione femminile’ e la ‘questione iraniana’, entrambe ancorate all’oscurantismo ed al controllo di forze e categorie storiche superate, in grado di mantenere  il potere con la sola violenza.

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