The Tree of Life

The Tree of Life è il quinto film di Terrence Malick in quasi quarant’anni, vincitore della Palma d’Oro al 64º Festival di Cannes e racconta la storia di una famiglia americana del Midwest negli anni cinquanta attraverso lo sguardo ed i ricordi del figlio maggiore Jack, oggi un architetto di successo, che avvertendo un senso di estraneità nei confronti della modernità, del mondo aziendale dei grattacieli che lo circondano, inizia un viaggio intimo che lo porterà a riflettere sul suo passato e sulle sue emozioni.

Jack (Sean Penn), rivivendo emotivamente la sua vita dall’innocenza dell’infanzia sino alle disillusioni dell’età adulta, analizzerà il rapporto conflittuale con il padre (Brad Pitt) ed attraverso la ricerca delle risposte sulle sue origini e sul significato della vita, metterà in discussione anche la sua stessa fede.

Malick, con The Tree of Life, pone alcune tra le domande più inquietanti e personali che possano riguardare l’essere umano passando dall’intimo al cosmico, dal ricordo delle esperienze emotive di una famiglia che vive in una cittadina di provincia in Texas ad un viaggio nello spazio e nel tempo. Si tratta del percorso di un uomo che vivrà eventi incredibili e trascendentali che gli cambieranno definitivamente la vita.

Nel film sono presenti tutti gli elementi classici della cinematografia di Malick, quelli che hanno reso il suo stile, il suo linguaggio cinematografico, inconfondibile ed unico: la solitudine, la disperazione dei personaggi, una complessa ed intensa riflessione sulla natura e l’uso introspettivo della voce fuori campo.

Questa è sicuramente l’opera più intima ed epica di Malick, espressa attraverso il viaggio emotivo di Jack dalla modernità metropolitana di oggi al cortile della casa della propria infanzia e, allo stesso tempo, dall’inizio della vita sulla terra alla fine dell’universo, almeno secondo quanto la scienza, sino ai giorni nostri, è riuscita a dedurre e prefigurare.   Lo sguardo potente e visionario del regista mostra la forza brutale e l’energia  possente della natura in tutto il suo divenire ma anche la delicatezza della grazia spirituale, evidenziando come questi elementi siano alla base della nostra vita e rivelando come sia l’Amore a pervadere la nostra intera esistenza.

Per la prima volta nella sua carriera, Malick ricorre agli effetti visivi e quindi alla collaborazione di Douglas Trumbull (2001 Odissea nello spazio) e Dan Glass (Matrix Reloaded). Nelle parti in cui il film si sposta nel tempo e nello spazio scorrono, infatti, sullo schermo immagini dal fortissimo impatto visivo e, forse, mai viste nella storia del cinema: l’universo e la terra che nascono dal caos di una tremenda esplosione, la successiva origine ed evoluzione delle prime forme di vita.

Probabilmente, nessun regista aveva riprodotto, sino ad ora, in modo così credibile l’origine dell’universo. Pregevole è il risultato e perfettamente in linea con la sensibilità estetica di Malick che non ha voluto gli ormai scontati effetti digitali, optando per l’utilizzo, con successo, dei metodi artigianali della vecchia scuola. Le grandi esplosioni nel cosmo sono state, infatti,  simulate (dopo oltre un anno di sperimentazione) in un laboratorio allestito in Texas per l’occasione: Skunkworks.

Sono state utilizzate sostanze chimiche, fumo, pitture, tinte fluorescenti e fluidi, la cui interazione, in set sapientemente allestiti ed illuminati, è stata filmata con cineprese ad altissima velocità. E’ questo tipo di ripresa che va ben oltre i consueti 24 fotogrammi al secondo, a restituirci in visione le azioni rallentate, consentendo di ottenere effetti dinamici spettacolari. Un esempio su tutti: una goccia di latte che cade su una superficie ripresa a distanza ravvicinata, per effetto del movimento rallentato, sembrerà pesante una tonnellata)

Il risultato è stupefacente e le nebulose che esplodono sembrano autentiche. Medesimo discorso per alcune delle sequenze in cui si vede la Terra, le quali sembrano realmente riprese dallo spazio. D’altra parte, gli scienziati e gli esperti mondiali interpellati durante la lavorazione, hanno confermato la coerenza della lavorazione con le teorie astronomiche.

Gli effetti visivi di questo film sono davvero speciali perché non rincorrono il risultato spettacolare fine a se stesso, puntando invece ad un risultato molto naturale che aderisca, con una certa verosimiglianza, a ciò che l’umanità fortemente immagina, pur non avendolo mai visto. Il risultato è qualcosa di molto simile alla alla pittura ed alla poesia.

Le riprese sono di rara maestria: il direttore della fotografia Emmanuel Lubezki non si è concentrato su inquadrature tradizionali o sulla copertura dell’azione con il classico campo e controcampo, optando piuttosto per lunghi movimenti con la camera a spalla in continuo movimento, per rappresentare organicamente le espressioni e le emozioni dei protagonisti attraverso il sapiente utilizzo della luce naturale dei luoghi e degli ambienti.

Il cast è stellare: Sean Penn interpreta Jack da adulto, bravissimo nel far capire i sentimenti del personaggio con un’interpretazione molto giocata sul linguaggio del corpo più che sulle parole; Brad Pitt è il padre di Jack e la sua recitazione è molto diversa rispetto ai ruoli precedenti; qui veste i panni di un uomo duro che lascia intravedere l’amore per la famiglia e i sentimenti forti che ossessionano la sua vita; Jessica Chastain è molto brava ed interpreta l’amorevole e remissiva mamma di Jack, volto nuovo per il grande pubblico. Si tratta, in realtà, di un’ apprezzata attrice di teatro che ha lavorato con Al Pacino in Salomè e pare che sia stato proprio lui ad indicarla a Malick. Dulcis in fundo, il giovanissimo Hunter McCracken che, alla sua prima esperienza sul grande schermo, interpreta Jack da ragazzo, con rara sensibilità e profonda consapevolezza interiore.

The Tree of Life è un film visionario di rara bellezza che lo spettatore non si limiterà a vedere ma vivrà profondamente; un’ esperienza cinematografica che lascerà sicuramente il segno.

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