Storie di balie e domestiche a Jackson

“Ogni volta che un uomo combatte per un ideale… emette una minuscola onda di speranza, e queste onde, intersecandosi da un milione di centri differenti di energia e di audacia, producono una corrente in grado di spazzare via i più poderosi muri di oppressione e resistenza.”

Robert F. Kennedy (da un discorso presso l’Università di Città del Capo, 6 giugno 1966)

“Ho cominciato a crescere i bambini dei bianchi già a quattordici anni, nel 1925, perché mia madre era morta di malattia e le bollette non aspettavano…”.

Così esordisce Aibileen Clark (Viola Davis), una domestica nera che espone la propria esperienza personale a Eugenia “Skeeter” Phelan (Emma Stone), una giovane donna bianca della buona società di Jackson, Mississippi, la quale, appena laureata (estate 1962), è ritornata a casa, dove pensa d’intraprendere la carriera di scrittrice. Ottiene, intanto, un impiego presso il Jackson Journal, ed è già un buon inizio.

Dopo il quadriennio di studi, Skeeter riprende a frequentare la sua migliore amica Hilly Holbrooks (Bryce Dallas Howard) e le altre ragazze della comitiva: tutte ora possiedono una famiglia, un marito con un impiego ben remunerato, un’abitazione spaziosa e confortevole, e in alcuni casi, lussuosa, un figlio piccolo, e una tata di colore che si occupa di accudire il pargolo, della pulizia domestica e della cucina. Le giovani donne passano il loro tempo con il bridge e con la raccolta fondi per i bambini africani, in banali riunioni al club e in lunghi aperitivi al bar conditi da conversazioni futili, o da perfidi pettegolezzi. E da consigli all’amica rimasta nubile.

Anche Charlotte Phelan (Allison Janney), madre di Skeeter, non fa che ripetere, come un disco rotto, l’importanza di un buon matrimonio. Ma la ragazza, indipendente e anticonformista, invece, progetta di realizzare un’inchiesta giornalistica sulla vita domestica e familiare nella città natale. Solo la cara Constantine, la governante nera che l’ha cresciuta, l’avrebbe capita e aiutata, ma ormai la donna è sparita. Allora propone ad Aibileen, che accudisce l’affettuosa Mae Mobley da Elisabeth Leefolt (Ahna O’Reilly), di raccontare la propria storia di balia e inserviente interrogandola con domande che scavano nel profondo dell’anima: “Che cosa si prova ad allevare i bambini degli altri quando i propri si trovano altrove?”

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Seppur inizialmente un po’ diffidente, Aibileen, che per pochi spiccioli ha allevato amorevolmente ben diciassette bambini bianchi, si lascia conquistare dalla sincerità di Skeeter, della quale diventa fedele amica e confidente, liberandosi del fardello che la opprimeva, e rivelando la disgrazia che il destino le ha riservato: il suo unico figlio è tragicamente scomparso in un incidente sul lavoro. Ben presto, però, a questi drammatici racconti faranno eco le vicissitudini di Minny (Octavia Spencer), la migliore amica di Aibi, cuoca impareggiabile (specialista di dolci e pollo fritto), dal carattere fiero, ma che non sa frenare la lingua.

L’intervista alle due “nannies” viene poco a poco a delinearsi come una vera e propria denuncia delle condizioni di vita e degli innumerevoli episodi di ingiustizia perpetrati ai danni delle lavoratrici di colore: le balie e le domestiche nere non potevano usare nemmeno il wc nelle case in cui lavoravano. Tante altre donne si uniranno all’iniziativa fino a formare un coro a più voci, cui non basteranno poche colonne su un giornale del profondo Sud. Così prenderà corpo The Help, un libro assai toccante, che raccoglie tante testimonianze, sovente drammatiche, sulla cieca intolleranza dei bianchi.

Il volume viene stampato in un clima di minacce e intimidazioni. Le vecchie amiche di Skeeter le mostrano disappunto e ostilità. Anche Johnny Foote (Mike Vogel), il fidanzato, si allontana dopo la pubblicazione che mette alla berlina le donne della media e alta borghesia di Jackson (e non solo) come inaffidabili e ciniche, annoiate e civettuole, inadatte ad allevare e a educare i propri figli, incapaci a cucinare, pigre nelle faccende casalinghe, e occupate solo in inutili frivolezze.

The Help_le protagoniste

Sulla graticola finisce specialmente la perfida Hilly. Licenziata da questa per aver utilizzato il bagno di casa, Minny narra di aver preparato una torta squisita per rappacificarsi con la padrona. Il dolce, molto apprezzato dalla donna, però, contiene una sgradevolissima sorpresa che susciterà lo stupore e la rabbia di Hilly, e al contempo, la divertita ilarità della madre di lei, Missus Walters (Sissy Spacek), affetta da una precoce forma di Alzheimer.

È una delle “scene madri” del lungometraggio, molto divertente per un verso, ma decisamente emblematica dall’altro. Minny troverà ugualmente un lavoro stabile presso Jolene French (Anna Camp), una donna eccentrica, ma mite e disponibile, nuova del posto, che per la sua bellezza vistosa e le origini modeste è stata messa al bando dalle signore della buona società. Un’altra sequenza spassosa riguarda ancora Hilly, dal sorriso smagliante e il pugno di ferro; stavolta viene fatta oggetto di scherno, allorché ritrova sul giardino antistante la sua abitazione una grande quantità di  vasi da toilette in ceramica – presumibilmente di seconda mano – depositati su quel prato da solerti concittadini dopo l’uscita sulla rubrica di Skeeter di una esplicita richiesta “a fini umanitari”.

Il messaggio che si evince dal racconto rimanda alla fratellanza e all’amicizia tra Skeeter, Aibi e Minny, ma anche alla solidarietà tra le tante inservienti che collaboreranno all’iniziativa della denuncia a mezzo stampa. The Help è una storia sulla fatica, sulla forza e sul coraggio di queste donne che hanno educato diverse generazioni di bambini bianchi, spesso anche con l’esempio del loro impegno e della loro dedizione, creando così le premesse per una società nuova e più tollerante. Più malinconico, purtroppo, l’epilogo per Aibileen, che sarà costretta ad allontanarsi mestamente da Jackson per l’ennesima cattiveria di Hilly, la quale, non farà tesoro dei cambiamenti in atto in città e nella nazione intera.

Opera corale al femminile, diretta da Tate Taylor, The Help è il felicissimo adattamento cinematografico del romanzo omonimo di Kathryn Stockett, un melodramma di stampo sudista che fotografa un’epoca di rapidi mutamenti, e sciorina con estrema leggerezza temi contingenti, come quello del segregazionismo razziale, evidenziando i numerosi pregiudizi sociali e la reale disuguaglianza tra bianchi e neri, che si specchia non solo nell’intolleranza e negli atteggiamenti marcatamente arroganti delle persone, ma specialmente nelle condizioni di vita della comunità di colore, ancora oppressa e penalizzata nel diritto al voto, al lavoro, al trasporto pubblico.

Nei primi anni Sessanta i numerosi interventi del presidente John Fitzgerald Kennedy per le pari opportunità, per eliminare la segregazione sugli autobus e per risolvere l’emergenza abitativa combattendo contro la discriminazione nell’acquisto e nell’affitto degli immobili, parallelamente alle crescenti proteste del Movimento dei Diritti Civili e degli attivisti della comunità di colore, guidati da un giovane Martin Luther King, creano negli USA un clima di fermento e di fiducia verso i cambiamenti politici e verso l’evoluzione della società. Ma la strada per l’uguaglianza di fatto era ancora lontana, visto che il 18 gennaio 1963 George Wallace, il nuovo governatore dell’Alabama, nel suo discorso di insediamento reclamava: “Segregation now, segregation tomorrow, segregation forever!”

[Estratto da PRIMISSIMA SCUOLA n. 4 – Dicembre 2011]

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