All’inizio, sette o otto anni fa, coltivavo la fantasia di realizzare un film muto. Probabilmente perché i cineasti leggendari che ammiro di più vengono tutti dal cinema muto: Hitchcock, Lang, Ford, Lubitsch, Murnau, il Billy Wilder sceneggiatore…ma soprattutto perché una scelta di questo genere obbliga il regista ad affrontare le proprie responsabilità.

Michel Hazanavicius

The Artist è un sogno in bianco e nero ed è stato premiato con cinque Oscar! Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore Protagonista, Miglior Colonna Sonora e Migliori Costumi!

The Artist è una splendida fiaba muta…che sussurra the sound of silence.

The Artist è il miglior tributo al miglior cinema occidentale di sempre. Il miglior biglietto d’amore per la settima arte della nostra generazione.

The Artist deve essere candidato all’Oscar per il Miglior Film Straniero. Non a caso, quella vecchia volpe di Mr Weinstein lo ha acquistato senza esitazione!

Inutile girarci intorno: l’affascinante e talentoso Michel Hazanavicius (dal vivo, un simpatico Tom Ford “straight version”) ha diretto un diamante. I protagonisti, l’eccezionale Jean Dujardin (Miglior Attore a Cannes 2011 e scusate se è poco) e la splendida Bérénice Bejo (moglie del regista – quest’uomo non si fa veramente mancare niente!) sono talmente “in parte” da sembrare scaturiti direttamente dai migliori fotogrammi de La rosa purpurea del Cairo che ha sposato Singing’ in the Rain…ed il cane? Vogliamo parlare del cane?

Come se tutto ciò non bastasse, le metacitazioni si sprecano, si ride e ci si commuove sino alle lacrime, si trepida, ci si agita, si balla e si tiene il fiato sospeso. That’s a big real movie, folks!

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Siamo nel 1927, a due anni dalla crisi che metterà l’America in ginocchio…e tutto, nel cinema e nel mondo, sta per cambiare. George Valentin (Dujardin) è la star delle star del cinema muto e nulla può fargli presagire che, dietro l’angolo, insieme alla donna più bella che lui abbia mai visto, l’attrice esordiente Peppy Miller (Bejo), si celi in agguato la subitanea fine della sua sfavillante carriera, la porta d’ingresso della sua discesa agli inferi.

E’ lo stesso regista a raccontare la genesi di questo ambizioso progetto: “Non volevo che venisse percepito come un capriccio o una trovata ed ho quindi cercato di immaginare una storia che giustificasse in qualche modo il formato. Jean-Claude Grumberg, sceneggiatore e drammaturgo, amico dei miei genitori, mi aveva raccontato che un giorno aveva proposto ad un produttore la storia di un attore del cinema muto spazzato via dall’avvento del parlato e lui gli aveva risposto: ‘Fantastico! Ma gli anni ’20 costano troppo, non potresti ambientare la storia negli anni ’50?’! Mi sono ricordato di quell’episodio ed ho iniziato a lavorare in quella direzione ed a ragionare sull’arrivo del cinema parlato”.

A giudicare dal risultato finale, il sogno è divenuto realtà.

Una visione imperdibile.

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