The Double

In The Double troviamo Richard Gere nei panni dell’ex agente FBI Paul Sheperdson che, dopo il brutale omicidio di un senatore degli Stati Uniti, viene richiamato in servizio in veste di esperto. Dovrà essere di supporto alla nuova leva Ben Geary (Topher Grace) nel risolvere un caso che pare ricollegarsi ad una serie di assassinii compiuti durante la Guerra Fredda da un criminale internazionale noto con il nome di Cassio.

Sheperdson, spinto dalle pressanti richieste del direttore della CIA Tom Highland (Martin Sheen) accetta controvoglia di tornare a seguire le indagini, di cui si era occupato già negli anni ’80. Si troverà da subito in contrasto con il suo partner, non avvallandone la tesi secondo cui a compiere gli omicidi sia stato lo stesso uomo. I due si mettono sulle tracce dell’assassino e delle prove necessarie per inchiodarlo.

The Double riproporre una spy story russa vecchio stile, tentando senza successo di attualizzare un filone sondato ai limiti dell’usura già in tempi non sospetti.

Un Richard Gere un pò’ imbolsito sostiene, di fatto, il peso di una narrazione che svela troppo presto il suo ruolo, senza riuscire però a mantenere uno standard soddisfacente durante tutto il resto del film. Lui, infatti, fa del suo meglio con un personaggio che sembra agire senza uno scopo preciso, oscillando schizofrenicamente tra atteggiamenti opposti per tutta la durata della pellicola, per rimanere, infine e fatalmente, impigliato in una sceneggiatura che gli rema pesantemente contro. Non lo aiuta, tra l’altro, il fatto di aver costruito la sua carriera su ruoli di tutt’altro stampo, spesso infarciti di buonismo di maniera. Nel cinema di spionaggio risulta decisamente fuori contesto.

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Topher Grace risulta più convincente del suo blasonato collega, salvo rimanere anch’egli vittima di una penna che lo infarcisce di una quantità di clichet al limite del ridicolo e che – forse in un tardivo tentativo di redenzione – lo dota in corner dell’acume necessario a sciogliere sanguinosamente la non troppo intricata matassa.

Menzione d’onore per Stephen Moyer che pur apparendo per pochi istanti nei panni dell’ennesimo  personaggio già visto e rivisto regala i pochi brividi del film.

In conclusione, i protagonisti cercano per un’ora e mezza un filo conduttore con scarso successo e, non trovandolo, si perdono in una trafila di colpi di scena che culminano nel grande nonsense finale. Non stupisce il fatto che il film sia rimasto in un cassetto per anni, uscendone ora malauguratamente…per motivi a noi ignoti. Il risultato è una pellicola della quale non sentiremo la mancanza quando – si spera presto – passerà al dvd.